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Bolzano e Trento

    Le maggiori città

    I nuclei urbani

    Già quando si è parlato dell’insediamento umano è emerso che la Regione Trentino-Alto Adige ha solo sei agglomerati umani con circa o più di 10.000 ab. i quali, anche per le loro caratteristiche generali, possono essere considerati città nell’accezione corrente del termine.

    Naturalmente la valutazione della popolazione non può esser fatta che con riferimento alla popolazione del centro cittadino e al fine di avere qualche dato orientativo sono qui sotto trascritti i valori degli ultimi censimenti:

    Popolazione residente delle città.

    Città

    1911

    1921

    1931

    1951

    1960

    Bolzano

    24.126

    22.659

    25.647

    68.021

    83.500

    Bressanone

    6.244

    4.853

    7.668

    8.487

    10.000

    Merano

    11.568

    10.673

    26.761

    25.439

    27.000

    Riva

    5.113

    4.355

    6.334

    6.879

    7.500

    Rovereto

    11.618

    11.836

    | 11.602

    18.556

    20.000

    Trento

    30.049

    31.881

    35.225

    39.287

    46.500

    Non si possono certo istituire elementi di giudizio da questi semplici numeri i quali possono solo testimoniare della situazione demografica dell’ultimo cinquantennio e consentire di vedere riunite in un unico quadro la situazione dei principali agglomerati umani della Regione.

    Neppur tornano opportuni confronti sulla base dei dati sopra trascritti, perchè le differenze tra queste varie città sono troppo forti per metterle tutte sullo stesso piano: differenze di vario genere, ma che possono intuirsi abbastanza facilmente. Bolzano e Trento costituiscono oggi le città maggiori, per varie cause anche abbastanza facilmente paragonabili. Nell’ultimo secolo e mezzo hanno avuto diversa funzione e differenti attribuzioni anche dal punto di vista amministrativo, come si è avuto occasione di ricordare incidentalmente; dall’istituzione delle due province (1926) la funzione amministrativa delle due città si è resa più comparabile, configurandosi anche in un carattere economico più simile in relazione alla struttura.

    Le altre città sono caratterizzate oggi da una funzione più locale, anche con riferimento alle zone in cui la Regione è stata suddivisa, pur non trascurando e non potendo tacere dell’importanza storica che almeno due hanno avuto. Non si può infatti dimenticare che Bressanone e Rovereto vantano titoli di una particolare considerazione in passato, che ancor oggi sono, almeno in parte, validi. Già è stato richiamata ed illustrata l’importanza di Bressanone quale sede arcivescovile, nonché come tappa lungo la congiungente naturale tra i paesi al di qua e al di là della catena alpina. Anche Rovereto, seppure priva dell’importanza curiale, ebbe, e conserva tuttora, una sua particolare funzione quale centro di cultura e un tempo baluardo della Serenissima verso i territori di altrui dominio. E infine l’accostamento di Merano e Riva riesce anch’esso abbastanza agevole, ove si tenga conto della struttura che presentano oggi questi due centri, non tanto nell’ambito regionale, ma con riferimento al movimento turistico e alla sua importanza anche nei decenni decorsi di questo secolo, da quando cioè il movimento turistico ha avuto un significato di ordine economico.

    A queste considerazioni generali può seguire un richiamo alla situazione attuale o almeno degli ultimi decenni. Bolzano e Trento, anche con l’istituzione delle rispettive province e con l’introduzione dell’ordinamento regionale, hanno visto affermare la loro funzione di punti di confluenza di aree assai vaste della Regione e a causa delle modificazioni della rete stradale interna alla Regione stessa, costituiscono punti su cui tali aree vengono a gravitare. A ciò aggiungasi che per la loro posizione geografica si trovano ad essere situate in punti obbligati degli allacciamenti con le regioni circostanti. A Bolzano confluiscono tutte le vie di accesso naturale o di transito da settentrione verso il sud; altrettanto può dirsi per Trento quando si considerino le comunicazioni in senso inverso, cioè dalla Pianura padana (Lombardia e Veneto) verso settentrione. Alla funzione di punti di confluenza interni della Regione si aggiunga anche quella di punti di convergenza e di passaggio obbligato extra-regionali e di importanza internazionale.

    Non altrettanto può dirsi delle altre quattro città. Bressanone conserva ancor oggi la sua importanza di sede della diocesi, ma la diocesi non ha più il significato del passato; Rovereto non ha certo minor importanza di un tempo quale sede di vita culturale e ha visto l’affermazione di uno sviluppo industriale di notevole entità. E così per Merano e Riva, le quali come centri turistici hanno visto affermarsi la loro importanza in maniera sempre più notevole, ma la loro funzione nella vita regionale resta limitata alla Venosta, alla Passiria e a parte del Lungadige per la prima, e al basso Sarca per la seconda.

    In ciò stanno quindi le differenze tra queste varie città, anche se naturalmente nell’illustrarne l’aspetto e la vita di oggi non si può prescindere dalla loro funzione e dalla vita del passato.

    Bolzano

    La posizione di Bolzano è data dalle sue coordinate geografiche: piazza Walter von der Vogelweide, antico e attuale centro della città, trovasi a 46° 30′ o” di latitudine nord e a i°~]’o” di longitudine ovest del meridiano di Roma (Monte Mario) a un’altitudine di m. 266 sul mare. Scarsamente significativi tali dati se non si completano con quelli, già più indicativi, della sua situazione intravalliva in quanto l’attuale città, che sorge nello stesso posto dell’antico castrum, trovasi alla confluenza della valle dell’Isarco con quella dell’Adige e ove altre due vallate alpine minori per ampiezza e importanza, quella della Tàlvera (vai Sarentino) e quella del rio di San Nicolò (vai d’Ega) contribuiscono a rendere l’orizzonte più ampio ed aperto. Rispetto alla valle dell’Adige l’antica città, come anche l’attuale, sorse e si sviluppò come centro di fondovalle marginale, sull’orlo sinistro alle falde dei rilievi porfìrici entro cui si intaglia il solco della Tàlvera, che traversa la città attuale e al cui sbocco sorge ancor oggi la torre Druso, testimonianza medioevale del più antico abitato.

    Bolzano, piazza Walter.

    L’Isarco, con la sua valle piuttosto stretta tra spalle di porfido, vi giunge da oriente nell’ultimo tratto, ove riceve da sinistra il rio di San Nicolò, che scorre nell’ultimo tratto entro un’orrida e pittoresca gola e consente una larga apertura dell’orizzonte verso oriente, sul cui sfondo appaiono, seghéttati, i rilievi dolomitici del Catinaccio e si presentano ben visibili e riconoscibili, come elemento particolarmente decorativo, le celebri torri del Vajolét, quasi a ricordare, se ve ne fosse bisogno, la natura caratteristica montuosa della Regione. Verso mezzogiorno la svasatura della vai d’Adige si apre tra falde di rilievi porfirici, più ripidi sul fianco sinistro della valle, ove sono poco evidenti i terrazzi glaciali, assai meno inclinati su quello destro, che all’altezza di circa 500 m. si interrompono in un largo gradino a superfici collinose, coperte di vigneti, di notevole sviluppo in larghezza, giacché poco a sud della città, tocca i 5-6 chilometri.

    La situazione geografica di Bolzano.

    Malgrado quindi che taluni rilievi intorno alla città, dal cui centro non distano più di 4-10 km., raggiungano quote di poco superiore ai 1000 m. e anche se in lontananza, oltre i 20 km., appaiano le cime dolomitiche del Catinaccio e dello Sciliar, più che di città sita entro una valle di montagna si può parlare di una conca entro rilievi montuosi, con caratteri, per quanto riguarda la situazione territoriale dell’abitato, di valle pianeggiante. La larghezza della conca supera infatti, restando entro quote inferiori a 300 m., i 6 km. e si distende verso mezzogiorno lungo la valle dell’Adige.

    Il piano vallivo è di natura prevalentemente alluvionale, i cui depositi sono originati dai corsi d’acqua a regime tipicamente alpino con magre invernali e piene tra la primavera e l’estate; i fianchi dei rilievi più prossimi tradiscono la morfologia glaciale quaternaria, successivamente modellata dalle acque selvagge. Solo in tempi recenti, in particolare dopo le rovinose piene del 1882 o in anni ancora più vicini fino agli ultimi decenni, si è provveduto ad arginare i fiumi: l’Adige per quanto lontano, la Tàlvera nell’ultimo tratto del corso che sempre ha minacciato la città e l’Isarco ricco d’acque e fluente nei pressi di punti importanti come la stazione ferroviaria.

    Il territorio comunale supera di poco i 50 kmq. (5235 ha.), area che è al disotto della superficie media dei comuni dell’Alto Adige e molto lontana dai 20.000 ha. ed oltre di taluni comuni (Sarentino, Ùltimo, Senales, ecc.) e minore altresì a quella del comune di Badia che occupa l’alta valle omonima, ma superiore all’area di piccoli comuni vallivi di montagna come Glorenza in vai Venosta o di Anterivo sugli altopiani porfirici. Tuttavia la zona coperta e interessata dalla città è anche più piccola, cosicché di scarso significato è il sapere che la densità relativa della popolazione nel comune poteva esser valutata nel 1951 a 1354 ab. per kmq. Piuttosto qualche altro elemento che si ricava dai dati del censimento può essere indicativo: il territorio comunale si estende tra 232 e 1615 m. di altezza ed è costituito da un’unica frazione di censimento. La popolazione residente totale era, alla data del censimento (11 novembre 1951) di 70.898 ab., dei quali 2407 appena abitanti in case sparse e gli altri accentrati. Anche i centri hanno però una caratteristica particolare: dei 17 agglomerati complessivi (centri e nuclei), solo 5 possono considerarsi centri; gli altri sono nuclei abitati la cui popolazione era inferiore a 50 ab. ciascuno. Di gran lunga più importante l’agglomerato cittadino con 67.653 ab., cui devonsi aggiungere i 206 ab. di San Giacomo, allora come oggi praticamente saldato al nucleo principale.

    Questi pochi dati del comune illustrano la caratteristica del centro di Bolzano, rispetto al suo territorio comunale che contrasta in modo ben evidente e caratteristico con quella delle altre città tridentine, rispetto al comune di cui sono titolari. Ed illustrano altresì la situazione topografica in relazione allo sviluppo storico dell’abitato. Il nome di Bauzanum o meglio di castrimi Bauzanum si trova citato in Paolo Diacono; l’origine di incolato o di statio romana è sicuramente documentata da monumenti rinvenuti nell’abitato della città attuale e dalla sua antica toponomastica. Sicure tracce della stazione romana, di poco posteriore al 14 a. C., data della conquista, sono da ricordare in un pons Drusi di cui parla la Tabula peutinge-riana e del quale non è stata ben identificata la posizione. Ma certo la stazione romana era situata all’angolo della confluenza della Talvera con l’Isarco, come testimoniano il rinvenimento di resti di una basilica paleocristiana sotto l’attuale parrocchiale. Bolzano fece quindi sicuramente parte della Decima Regio, di cui fu importante stazione e, compresa nel Regno longobardo, nel secolo VII ne è documentata l’annessione al Ducato bauivaro. Longobardi e Bauivari lottarono per il possesso della città; tali lotte continuarono anche sotto i Franchi, come risulta dalla morte di Ruperto, duca di Trento, ucciso nel 784 accorrendo in difesa di Bolzano contro Gaoirio e Idoino, conti bavari. La città appare unita al Ducato di Trento anche quando Lotario, per rinforzare i confini del suo regno, fortificava nell’829 le chiuse settentrionali del Trentino. Quando intorno al 1000 (1004) fu fondato il Principato di Trento, Bolzano fu inclusa entro i confini; da allora iniziano le lotte tra i vescovi, la potente famiglia Vanga e i conti di Tirolo.

    Pianta di Bolzano (sec. XVII)

    Certamente con l’aumentare dell’intensità delle comunicazioni l’importanza della città ebbe ad accrescersi e il periodo di dominio vescovile esercitò benefico influsso per lo sviluppo della città, che nel corso del secolo XIII vide prevalere le lotte a favore dei conti di Tirolo, cui succedettero i Mainardi di Gorizia e nel 1363 la potente famiglia degli Absburgo. Il potere vescovile andò così sempre più esautorandosi e riducendosi alla sola giurisdizione ecclesiastica fino a quando, nel 1531, il cardinale Bernardo Clesio cedette la città e il suo territorio al Tirolo, in cambio del territorio di Pèrgine.

    Queste lotte di predominio tra potenti famiglie tedesche e i vescovi tridentini determinarono la germanizzazione della città, la cui popolazione di base e parlata latina subì una profonda modificazione alla fine del secolo XIII con la vittoria di Mainardo II sui vescovi. Altra conseguenza di tali lotte fu l’impossibilità di una affermazione politica della città in libero Comune. Tuttavia ancora nel secolo XV la popolazione di parlata italiana vi era cosi numerosa da ottenere, nel 1448, il diritto di cittadinanza. Tuttavia anche queste concessioni appaiono alterne, così come testimonia una modifica dello Statuto del 1480 emanata da Sigismondo di Tirolo, cosicché le genti di lingua italiana ebbero a diminuire. Tuttavia se di autorità politica della città non si può parlare, ebbe però ad affermarsi un particolare istituto, il Magistrato mercantile (Universitas negotiantium ad nundinas confluentium), regolato all’italiana e di tale autorità che la corrispondenza commerciale con la piazza mercantile di Bolzano fu tenuta, fino a poco più di un secolo fa, in italiano.

    Bolzano. Chiesa e convento dei Benedettini a Gries.

    Bolzano. Via dei Portici.

    Le fiere ed i mercati medioevali, che avevano fatto conoscere la città nel campo commerciale e l’affermazione sempre maggiore del solco Isarco-Adige quale via di traffico attraverso le Alpi, contribuirono in modo fondamentale allo sviluppo del Magistrato mercantile, cosicché quando nel 1635 vennero codificate da Claudia de’ Medici, contessa del Tirolo, le leggi mercantili e confermato in tali disposizioni il Magistrato mercantile, di esso fecero parte mercanti veneziani, emiliani e genovesi.

    Tale affermazione commerciale della città trova riscontro anche nello sviluppo planimetrico. La città ebbe ad ingrandirsi intorno al nucleo della parrocchiale primitiva ricostruita intorno al 1180 e successivamente rimaneggiata, quando il centro commerciale della città ebbe a spostarsi un poco più a monte in corrispondenza dell’attuale via dei Portici.

    Il Duomo, gotico, gravemente danneggiato da bombardamenti dell’ultima guerra, è stato fedelmente restaurato. Allo stile gotico predominante e che trova una delle sue maggiori espressioni nell’elegante campanile a cuspide traforata, unisce anche elementi romanici, come il bel portale con protiro della fine del secolo XV, sovrastato da un rosone romanico-gotico e fiancheggiata da una lunetta affrescata di Michele Pacher, noto artista atesino. E monumento dell’architettura religiosa della città di notevole interesse non solo per le linee generali della costruzione, ma anche per le notevoli opere d’arte dell’interno, ove hanno lasciato tracce artisti italiani del ‘300, quelli locali e di provenienza tedesca della fine del ‘400 e primi del ‘500, fino al noto Andrea Pozzo, di cui è il disegno del grandioso aitar maggiore in marmo di G. B. Ranghieri, costruito all’inizio del ‘700.

    Dal punto di vista dello sviluppo topografico della città devesi notare che al momento del trasferimento del centro verso l’attuale via dei Portici, la chiesa principale, come altre minori per mole, ma non di minor interesse artistico, come quella dei Domenicani e dei Francescani, vennero a trovarsi in posizione periferica ed a questi più noti edifici religiosi altri ebbero ad affiancarsi, sparsi nella verde conca. Delle cinte di mura non resta sicura traccia, ma entro il loro perimetro fu certamente compresa la via dei Portici con il Palazzo Mercantile, costruzione quale è oggi di stile barocco, opera di Francesco Perotti (1708-27), ove ha sede la Camera di Commercio e al piano terreno il negozio-esposizione dell’artigianato alto-atesino. L’interno rispecchia nel decoro del cortile a due ordini di logge, nella ricchezza dei ferri battuti e nelle ornamentazioni, lo stile dell’esterno. La città fino all’epoca napoleonica ebbe una estensione assai minore dell’attuale, concentrata in quello che ancor oggi è il nucleo centrale della vecchia Bolzano, che aveva visto un sempre maggiore sviluppo dei suoi commerci e del suo istituto mercantile.

    Il periodo napoleonico segnò per Bolzano un notevole arresto e non vi è dubbio che esso è da collegarsi con l’incerta situazione di un’Europa turbata dalla formazione di una nuova situazione economica, frutto di rapidi rivolgimenti politici. Bolzano nel 1805 fu aggregata con l’Alto Adige alla Baviera; nel 1809 vide l’insurrezione di Andrea Hofer, ma dal 1810 al 1813 fece parte del Regno Italico, come sede di viceprefettura del Dipartimento dell’Alto Adige. Dal 1814 ritornò all’Austria e nel riordinamento amministrativo fu sede di circondario politico del Tirolo. Il periodo di dominio austriaco che va dal 1814 al 1918 ebbe a tradursi per la città in uno sviluppo topografico, che è testimonianza della ripresa economica e commerciale.

    Bolzano. Via dei Carrettai

    Se lento fu questo sviluppo nella prima metà del secolo, ancora contrassegnato da moti di carattere unitario italiano come quelli del 1821, e di aspirazione all’annessione al Lombardo-Veneto (1848), la costruzione della ferrovia del Brènnero è stata certamente l’elemento, insieme alla graduale trasformazione dell’arteria principale dei traffici, che ha favorito la seconda tappa dello sviluppo di Bolzano.

    Abbastanza agevole riesce evidenziare le direttrici di tale sviluppo, rispetto al nucleo precedente. La stazione ferroviaria contribuì a determinare un’area di saldatura con la zona del Municipio e del Duomo, tra i quali venne a interporsi la piazza Walter di oggi, che diede alla città ampio respiro. Carattere di tale area di sviluppo fu un tempo quello alberghiero. Al più antico albergo Greif (Grifone) si affiancarono il Laurin e Bristol, costruiti secondo i dettami della più progredita tecnica. Al nucleo più antico andarono aggiungendosi in quel periodo il settore sudoccidentale, oltre la chiesa dei Domenicani fin verso il letto della Tàlvera e dell’Isarco al punto della loro confluenza, a carattere residenziale abbastanza rado e quasi a città-giardino, e i quartieri residenziali più intensivi, con alberghi, edifici di carattere pubblico (scuole, ecc.) verso occidente.

    Vedi Anche:  Storia del Trentino

    Anche il limite della Tàlvera fu valicato nel primo decennio di questo secolo. Bolzano alla ricerca di spazio ebbe a spingersi verso il centro della valle, costretta tra le pendici del Renón che ne hanno impedito il procedere verso nord, e l’Isarco e la linea ferroviaria, oltre a difficoltà del terreno, che hanno sbarrato la strada verso oriente. Del resto elemento favorevole a tale direttrice di sviluppo è stata anche l’esistenza del noto sobborgo di Gries, nucleo di antica origine, ma che fino a 30 anni fa era del tutto staccato dall’attuale aggregato urbano, fino a costituire nel 1911 comune autonomo, mentre oggi fa parte della città non solo amministrativamente, ma vi appartiene come nucleo che lo sviluppo topografico ha completamente e definitivamente inglobato all’abitato della città.

    L’annessione all’Italia e la costituzione della provincia di Bolzano segna l’inizio della nuova tappa nello sviluppo planimetrico della città. L’aumento della popolazione tra il 1931 e il 1951, cioè in 20 anni, comprendendovi anche la seconda guerra mondiale, è assai significativo.

    Indubbiamente vi è da considerare la fondazione a Bolzano, per la particolare posizione favorevole quale città di mercato e di comunicazioni intereuropee, di un complesso industriale di primissimo ordine. La costituzione della « città industriale » sulla sponda sinistra dell’Isarco, tra la confluenza con la Tàlvera e lo sbocco nell’Adige, vi ha determinato un caratteristico e grandioso complesso industriale ove la lavorazione dell’acciaio, l’industria dell’alluminio e del magnesio nel campo chimico, la fabbricazione di pezzi per automobili nel settore meccanico, le fabbriche di masonite, quelle per la produzione di cellulosa, di acetilene, di calzature, ecc., non solo testimoniano lo sforzo di progresso di una città particolarmente favorita per la sua posizione e per la disponibilità di energia, ma sono altresì la prova della vitalità e del progresso sulla via dell’industrializzazione di tutto un paese.

    Bolzano. Piazza delle Erbe.

    La costruzione rapida e organica di questo poderoso complesso industriale ha posto evidentemente problemi immediati di ricezione e sistemazione della manodopera e soprattutto di occupazione edilizia del suolo da parte degli operai e del personale della città industriale.

    Sulla riva destra dell’Isarco, quasi a bilanciare le strutture delle fabbriche e degli opifìci, si stende un gaio quartiere residenziale, moderno e caratteristico, privo di soluzione di continuità con i nuclei urbani precedenti. La necessità di edifici militari ha contribuito ad estendere la città verso nordovest in direzione di Gries. La saldatura con la città vecchia si è avuta con l’ampliamento delle infrastrutture, cioè con monumenti come quello che ricorda la vittoria italiana del 1918 e il sacrifìcio dei più puri eroi della nostra terra: Battisti, Filzi e Chiesa, ed una zona di verde, con variopinte aiuole.

    Questi brevi cenni della storia di Bolzano e del suo sviluppo topografico sono evidentemente connessi con lo sviluppo demografico ed economico. Ai 24.000 abitanti del 1911 fanno riscontro gli oltre 68.000 di oggi. Alla città di carattere esclusivamente mercantile e con un’economia di tipo prevalentemente commerciale antecedente la prima guerra mondiale, si contrappone oggi un individuo urbano assai complesso, a grande sviluppo industriale e commerciale. Il progresso dell’epoca moderna, nella quale difficilmente ed eccezionalmente il commercio può essere disgiunto dalla produzione di beni, caratterizza anche questa città, per la quale secoli di attività di Magistrato mercantile hanno rappresentato l’emblema di vita.

    Bolzano. Veduta aerea dell’ex-Palazzo Reale,

    Bolzano. Piazza del Grano.

    E ben naturale e conforme alla struttura sociale di oggi è lo sviluppo di istituzioni culturali e scolastiche. A parte quella che è la normale attrezzatura di scuole elementari di un complesso urbano, Bolzano vanta una serie di scuole medie inferiori e superiori di ottima efficienza. Dalle scuole classiche a quelle tecniche, nell’una e nell’altra lingua, è tutto un complesso ove le giovani generazioni possono trovare soddisfazione delle più ampie richieste. Ma non mancano anche istituzioni culturali di più alto livello. Primo tra esse il Conservatorio musicale di ormai sicure tradizioni e il Museo dell’Alto Adige, fondato nel 1902-05, rinnovato tra il 1935-37, ove sono raccolte testimonianze di una lunga storia e di un’attività artistica locale e regionale. E all’educazione dello spirito si affianca quella del corpo. La città è sede di buone attrezzature sportive: dal campo sportivo principale con ottimi impianti per le varie attività a quelli minori e meno attrezzati, dalle varie palestre ai campi di pattinaggio, ove d’inverno grandi e piccini possono passare qualche ora a scivolare brevamente sul ghiaccio o esercitarsi ed allenarsi in difficili esercizi figurativi. La città, rispetto anche solo a cinquant’anni fa, si è indubbiamente accresciuta in maniera singolare. Già si è detto che in talune direzioni ha trovata la strada sbarrata: così verso settentrione e nordest dove si sfrangia in casette e ville sulle pendici dei primi rilievi e dove domina lungo la valle della Tàlvera il Castel Mareccio, del secolo XVI, restaurato e sede dell’Archivio di Stato; così a nordovest, ove il grande convento dei Benedettini di Muri a Gries e villa Roma con il Casino municipale si appoggia alle pendici della Gùncina, così a mezzogiorno, ove l’orizzonte è chiuso dalle ripide balze del belvedere del Virgolo. Solo verso occidente e verso il centro della valle l’area pianeggiante può consentire un’ulteriore linea di espansione.

    Ma la descrizione della città non sarebbe completa senza un cenno ai suoi dintorni. E Bolzano ne è ricca e fiera per tali attrezzature. Lungo la valle della Tàlvera si può raggiungere Sant’Osvaldo e Santa Maddalena, ove sorge un antico castello (Schloss Klobenstein) ; belle passeggiate portano a circa 400 m., con bella vista sulla città e sui gruppi dei monti circostanti. Altrettanto celebre e comoda la passeggiata della Gùn-cina con funicolare che in pochi minuti porta sulle colline alle spalle di Gries. Altrettanto in posizione elevata e panoramica rispetto alla città, con di fronte i rilievi della vai Sarentina è la salita al Virgolo, con una nuova funivia in sostituzione di una precedente funicolare. E altrettanto caratteristiche le brevi escursioni al Gol di Villa e ai vari castelli dei dintorni, tra cui il più noto, almeno dal lato artistico è Castel Roncolo (Schloss Runkelstein), aggrappato a una roccia a picco sulla Tàlvera, uno dei più famosi della Regione, celebre per la ricchezza e l’importanza degli affreschi, costituenti un vasto e vario complesso della pittura cavalleresca profana medioevale. Legate a Bolzano sono anche le vicine località di Collalbo e di Soprabolzano, sia pure lontane (3-6 km.), ma connesse con la città da facili mezzi di comunicazione.

    Sviluppo planimetrico e morfologico della città di Bolzano.

    Bolzano. Via dei Bottai.

    La conclusione a cui si può tentare di pervenire è quella di localizzare nell’individuo urbano una serie di parti (quartieri) contraddistinte da determinate funzioni. Lo sviluppo planimetrico della città trova nella sua storia, nell’aumento della popolazione e nell’importanza economica una successione eli tappe che consentono eli identificare: una città vecchia, anteriore al 1800, nella quale il carattere artistico più evidente è quello del ‘600-‘700 ma non mancano elementi che testimoniano la sua lontana origine; una città moderna che coincide con il periodo che va dal 1814 al 1914, nel quale l’apertura di nuovi sistemi di comunicazione hanno determinato l’aumento della popolazione e l’importanza commerciale del nodo di strade; una città recente, formatasi negli ultimi trent’anni e caratterizzata dal concentramento industriale e dalle accresciute funzioni amministrative. Di fronte a questo quadro cronologico sta la differenziazione dei quartieri cittadini, di cui è possibile, entro certi limiti, indicare l’area e le funzioni (fig. a pag. 479).

    Veduta di Castel Róncolo.

    Il quartiere del centro corrisponde alla Bolzano vecchia, sviluppatasi intorno all’asse rappresentato dalla via dei Portici che va dalla allungata piazza delle Erbe a quella del Municipio, l’arteria principale della città e suo vecchio centro commerciale, che con i suoi bassi portici e con le lunghe teorie di fornitissimi negozi rappresenta anche oggi la caratteristica più nota della città. Questo quartiere si estende da un lato fino al Duomo e ai palazzi Toggenburg e Massimiliano dall’altro, dimore di nobili famiglie che indicavano alla fine del ‘700 il margine settentrionale della città, la quale fin d’allora doveva estendersi verso le circostanti zone di campagna con dimore isolate o staccate fra loro.

    Della Bolzano moderna fanno parte anzitutto il quartiere ferroviario, che oggi si salda strettamente con quello centrale senza soluzione di continuità e con funzioni alquanto complesse. A quella più tipica e caratteristica di nucleo di traffico, devesi aggiungere anche una funzione ricettiva (concentrazione alberghiera di varia categoria e di servizi annessi) e una di carattere amministrativo, giacché trovano sede in questa zona della città importanti complessi come gli uffici della prefettura (rappresentante del Governo presso l’Amministrazione regionale e provinciale), la provincia e altri uffici governativi e regionali. Non mancano in questo quartiere anche le attività commerciali o piccole industrie, nè le caratteristiche aree residenziali intensive che del resto appaiono chiaramente anche nella città vecchia.

    Bolzano. Ponte sulla Tàlvera.

    Bolzano. Corso Italia.

    Oltre la ferrovia la città assume un carattere del tutto particolare nel quartiere ville e piani di tipo in parte residenziale e in parte agricolo, con intense coltivazioni di apprezzati vigneti e frutteti. L’insediamento umano più recente ha accentuato, soprattutto nella parte più prossima alla città, il carattere residenziale di quest’area, che pure presenta sicure tracce di un incolato piuttosto remoto, certamente anteriore alla costruzione della ferrovia e allo sviluppo della città in tale direzione.

    Come già si è accennato la città moderna si è sviluppata in quello che può esser designato come quartiere del Lungotàlvera sinistro, formatosi progressivamente tra i bordi della città vecchia (piazza delle Erbe, chiesa dei Domenicani) e la Tàlvera, quartiere a carattere di uffici e servizi pubblici (poste, ospedali, ecc.) e dove hanno trovato sede anche alcuni nuclei scolastici (liceo-ginnasio, medie, ecc.) e culturali (museo, conservatorio) di recente sistemazione. La parte più esterna, lungo la Tàlvera, ha carattere residenziale privato e pubblico e si è sviluppato anche oltre il fiume con abitazioni sparse e rade già anteriormente alla prima guerra mondiale (Ponte sulla Tàlvera), mentre il collegamento con il quartiere sulla destra è del tutto recente.

    Il quadro dei quartieri cittadini compresi tra la sponda destra dell’Isarco e quella sinistra della Tàlvera si completa col quartiere che può chiamarsi San Giorgio, in quanto la chiesa omonima ne segna in un certo modo il centro. Si estende tra le vie A. Hofer e V. Vintler fino alle pendici erte delle montagne che delimitano la conca, comprendendo anche vaste zone di passeggiate (Sant’Osvaldo e Santa Maddalena) con giardini, come quello di Campofranco, castelli (Castel Mareccio), orti fioriti e vigneti. Il carattere più evidente è quello residenziale o di città-giardino.

    Le zone cittadine di oltre Tàlvera e oltre Isarco possono considerarsi come appartenenti alla città moderna, esclusion fatta ben s’intende di Gries, vecchio centro, un tempo del tutto staccato dalla città. L’area compresa tra il monumento alla Vittoria, di fronte al ponte sulla Tàlvera fino al corso Italia, piazza Mazzini, via Manci e parte di viale A. Diaz ha carattere misto di uffici e di abitato intensivo, con prevalenza del primo, per cui può essere definito come nuovo quartiere amministrativo con uffici di vario tipo, quali il Palazzo di Giustizia, la sede dell’Ente del turismo, uffici e comandi militari, nonché un nucleo scolastico (istituti tecnici, ecc.) di notevole importanza. Ad esso è contiguo il quartiere Lungotàlvera di destra, di tipo essenzialmente residenziale, cui si riallacciano gli impianti sportivi e il Palazzo della Fiera, ai margini, cosicché si ha un nuovo elemento di decentramento delle attività di interesse generale e di attività commerciale. La direttrice di viale Druso collegata con via Marconi e col centro della città, attraverso il ponte Druso, segna la via verso Merano e la vai Venosta, cioè una direttrice di sviluppo della città in questo settore a carattere essenzialmente residenziale, così come il sobborgo di Gries, cui si collega la zona residenziale e di passeggiate della collina della Gùncina.

    Sulla destra dell’Isarco, collegato con il settore residenziale del Lungotàlvera destra si è andato formando con netta tendenza ad occupare l’area fino alla confluenza Adige-Isarco il quartiere di San Quirino, a pianta caratteristicamente regolare e di tipo residenziale semintensivo, collegato alla zona industriale e ad essa strettamente connesso per la natura stessa della popolazione. Nel settore a sud della città, in zona limitrofa all’antico nucleo di Oltreisarco, si è sviluppata la città industriale, vasta area funzionale di concentrazione di recenti industrie che hanno recato a Bolzano un nuovo elemento nella struttura cittadina.

    Superfluo sarebbe ripetere quanto già è stato detto in altri punti; vale solo la pena di ricordare che l’aumento di più d’una volta e mezza della popolazione verificatosi tra il 1931 e il 1958 non è stato determinato solo dall’afflusso di manodopera specializzata richiesta dal poderoso complesso industriale, quanto dall’afflusso di popolazione dalle valli vicine, richiesta per le complesse attività sussidiarie; sono sorte così nuove fonti di lavoro e di attività e nuove possibilità di sviluppo.

    Veduta aerea generale di Trento.

    Bolzano risulta pertanto un individuo urbano piuttosto chiaramente differenziato, nel quale da un lato i periodi storici dello sviluppo appaiono abbastanza definibili e anche la differenziazione in quartieri appare abbastanza chiara ed evidente.

    Trento

    Lungo la valle dell’Adige al punto dove vi confluisce il Fèrsina e vi sbocca la strada del bacino del Sarca, si trova Trento, il cui punto centrale attuale, la piazza del Duomo, è situata a 46° 4’o” di latitudine nord, i°i8’50” di longitudine ovest dal meridiano di Roma (Monte Mario) e a m. 194 sul mare. Dati numerici di scarso rilievo per quanto riguarda la posizione della città, se a quanto già detto non si aggiunge che la città si estende oggi attraverso tutta la valle, dal Dos Trento o Veruca su cui ebbe culla l’antica città romana, situata sulla destra dell’Adige, sino alle pendici collinari e terrazzate del versante sinistro della valle, versante che a mezzo di più terrazzi si raccorda, attraverso la valle del Fèrsina, con il territorio per-ginese. La città occupa quindi oggi tutta la valle dell’Adige in questo punto, ma la dominava anche in passato, in tempi di estensione minore. Dall’alto della Veruca, come dal castello del Buon Consiglio, situato sull’opposto lato della valle, la funzione di sbarramento era identica quando il corso dell’Adige, non arginato, era diviso in più rami, divaganti a meandri e occupava buona parte della porzione pianeggiante del centro della valle. L’orizzonte tridentino è determinato dalla particolare posizione della città rispetto al solco atesino; verso settentrione appare l’apertura della valle abbastanza larga, chiusa però almeno in parte dalla parete sud della Paganella (m. 2125), la montagna celebrata dalla ben nota canzone montanara e sulla cui cima è distinguibile il rifugio, la stazione funiviaria e quella delle apparecchiature meteorologiche dell’aeronautica. Verso mezzogiorno l’orizzonte è aperto sulla valle, mentre domina a ovest sulla città la montagna di Trento, il Bondone, che sporge quasi a picco sulla valle con la rossa parete di Sardagna, e culmina nel Palón e nel Cornetto a più di 2000 metri. Il lato sinistro della valle è più aperto. La Marzola supera di poco i 1700 m., mentre il Calisio sorpassa di poco i 1000 m. ed il Chegul non tocca i 1500 m. ; cosicché poco elevata appare tra i due la sella di Civezzano, la cui altezza sta ad appena 400 m., cioè poco più di 200 m. sul fondovalle.

    La situazione geografica di Trento.

    Pianta di Trento. Sec. XVII.

    Trento. Le mura.

    La particolare situazione odierna della città è strettamente connessa alle rettifiche dell’Adige in questo punto della valle; un tempo elemento determinante fu il grande meandro del fiume, al quale erano appoggiate le mura lungo il bordo settentrionale della città, tra Torre Verde e Torre Vanga. Ancor oggi l’alveo antico del fiume contiene le acque tranquille del canale, più che fiume, che attraversa i giardini della stazione, mentre il fiume scorre maestoso e a volte minaccioso entro poderosi argini che si appoggiano alla Veruca, separata dai rilievi di destra della valle da un antico letto fluvioglaciale dell’Adige. Il terrazzamento dei due versanti, Sardagna sulla destra e i minori centri da Spré a Negrano sulla sinistra sono testimoni, insieme con gli ordini di terrazzi più alti degli antichi stadi della valle glaciale, mentre il fondovalle piatto e ripieno di alluvioni è riprova dell’attività dell’Adige dopo la scomparsa dei ghiacciai a questa quota e il loro ritiro a più notevoli altezze.

    Il comune, secondo i dati del censimento del 1951, ha una superficie molto notevole, di oltre 15.000 ha., ed è uno dei maggiori di tutta la provincia, superato solo da Peio, Pieve di Bono e Pinzolo e di poco seguito da Vigo di Fassa, Rabbi, ecc. Tale vasta superficie che occupa tutta la zona della vai d’Adige alla latitudine di 46° nord circa, dà anche la ragione della quota minima (m. 179) e massima (m. 2179) entro cui si sviluppa. Tali numeri tuttavia non debbono trarre in inganno e far credere che si tratti di un territorio prettamente montano e tanto meno dare inesatta idea della situazione della città. A parte quanto si verrà esponendo nelle pagine successive, si tenga presente che il comune, secondo il censimento citato, è costituito di ben 15 frazioni di censimento, delle quali 2 frazioni speciali, cioè di montagna disabitata. Anche delle 13 rimanenti una sola, Gardolo, può avere in qualche modo a che fare con l’attuale nucleo urbano, in quanto l’abitato è andato estendendosi verso settentrione fino quasi a saldare alla città l’abitato di Gardolo, che figura come frazione di censimento del tutto separata e divisa dalla città.

    Vedi Anche:  Dialetti ed usi e costumi tradizionali

    Del resto la stessa frazione di Trento, che nel 1951 registrava 44.754 ab., contava allora otto centri, dei quali almeno tre da considerarsi ancor oggi del tutto staccati e non appartenenti al nucleo cittadino e altrettanto può dirsi dei vari nuclei (otto) dei quali alcuni ormai inglobati dalla città, ma altri del tutto separati da essa. Ne viene di conseguenza che, stando al censimento 1951, il centro cittadino di Trento contava 39.287 ab., da portare oggi a oltre 46.000 con le aggiunte di centri e nuclei, ormai facenti parte dell’area cittadina.

    L’origine di Trento è di certo assai antica; fu, secondo le opinioni più correnti, centro ligure-veneto in periodo neolitico, quindi gallico, proto-italico e poi romano, epoca in cui in data non sicura divenne cospicuo municipio. La Trento romana, che ebbe culla sul Dos Trento o Veruca, alta collina sul bordo occidentale, su cui spicca oggi il monumento a Cesare Battisti, martire dei più puri ideali umani e sociali, occupò più tardi l’area ai piedi del colle, l’attuale Piè di Castello, e più tardi arrivò anche oltre il fiume, sulla riva sinistra, ove la città estese in epoca tardo-romana e medioevale le cerchie di mura successive. Il cristianesimo, ancora prima della fine dell’epoca antica vi ebbe martiri i fratelli Sisinio, Martirio e Alessandro, provenienti

    dalla Cappadocia, arsi in vai di Non sulla fine del secolo IV, e San Vigilio, romano e terzo vescovo della diocesi, il quale, venuto a Trento con la madre nel 383 con i fratelli Claudiano e Magoriano, fu ucciso nel 405 in vai Rendena.

    Trento ebbe a soffrire per la sua posizione su una grande via di comunicazione, delle invasioni barbariche, in particolare dei Goti e dei Longobardi, dei quali fu ducato, che divenne poi contea sotto i Carolingi. Più tardi gli imperatori tedeschi, cui era necessario tenere aperta la via del Brènnero e conservare l’amicizia di Trento, investirono dell’autorità temporale i vescovi. Forse già nel 1004 Enrico II, ma certamente il 13 maggio del 1027 Corrado II il Salico, conferì al vescovo di Trento il dominio del contado di Trento, di Bolzano e della vai Venosta. Come già si è accennato nel Cap. II, Uldarico II aprì la serie dei principi-vescovi, dei quali molti cercarono di affermare l’indipendenza nei confronti dell’autorità imperiale curando lo sviluppo e il benessere della città e favorendone la trasformazione in sede di capoluogo regionale e non solo di munita fortezza lungo la principale arteria di comunicazione. Tra questi è già stato ricordato per la sua particolare attività il vescovo Federico Vanga, che resse la città tra il 1207 e il 1218 con energia e prudenza. Particolare merito suo nei confronti di Trento fu l’impulso dato allo sfruttamento delle miniere argentifere del Calisio, anche con l’emanazione di uno statuto minerario (1208), che è tra i più antichi d’Europa. Ed a lui devesi anche l’inizio della costruzione del Duomo.

    Trento. Le Torri di Piazza del Duomo

    Ma la storia di Trento nella prima metà del secolo XIII si complica con lotte sostenute con potenti signori vicini. Così dal 1239 al 1255 la città fu dominata da Ezzelino da Romano, cacciato da un’insurrezione popolare a favore del vescovo Egnone, che poi fu a sua volta espulso qualche anno dopo da Mastino della Scala. Vigili profittatori di tali vicende furono i conti di Tirolo nel secolo successivo, cosicché il 2 febbraio 1407 Trento si sollevò contro il duro dominio del vescovo Giorgio di Lichtenstein, ottenendo il ripristino di antichi privilegi e garanzie del Consiglio del Comune e di riconoscimento di una repubblica che si estendeva a tutto il territorio del Principato. Fu inoltre accettata dal vescovo la nomina di un capitano del popolo nella persona di Rodolfo Belenzani. Al tentativo di poco posteriore del vescovo di non rispettare i patti conclusi, i cittadini risposero imprigionandolo nella torre Vanga e occupando anche il castello del Buon Consiglio. L’intervento richiesto dal Belenzani di Federico Tascavuota, che come conte di Tirolo era anche avvocato del principato vescovile, sembrò chiudere il periodo di torbidi con la conferma e l’ampliamento delle libertà già concesse, ma successivi dissidi comportarono l’assedio e la presa della città da parte di Enrico di Rottenburg, ribelle al Tascavuota, e nella lotta contro il quale il Belenzani trovò la morte. Tuttavia dai privilegi di quel tempo trae origine l’istituzione del Magistrato Consolare, che ebbe vita fino al 1810. La pressione della potenza veneziana si fece sentire sempre più forte dopo il 1410, cosicché la lotta tra i vescovi, alleati dell’Imperatore e i Veneziani proseguì fino al 1487, quando con la sconfitta di Calliano la minaccia fu allontanata e l’imperatore ebbe modo di stabilire trattative, conclusesi con un trattato del 1511, detto Libello dell’Undici, in base al quale la Casa d’Austria stabiliva una specie di protettorato sul Principato.

    Con la nomina a vescovo di Bernardo di Cles (Clesio) si inizia indubbiamente l’epoca di maggior splendore della città (1514). Egli fu assai stimato da Carlo V e da Ferdinando I e malgrado insurrezioni contro il suo reggimento dell’Anaunia e della Valsugana (la Guerra rustica, sobillata anche dalla riforma di Lutero), seppe dare al Principato una posizione europea, tale da consentire che, sotto il suo successore Cristoforo Madruzzo, cardinale, si proponesse di tenere in Trento il celebre Concilio, allo scopo di studiare e proporre la riforma e la disciplina delle istituzioni ecclesiastiche per contrapporsi al rapido dilagare della riforma di Lutero. L’idea di Paolo III, eletto papa nel 1534, di convocare il Concilio, ebbe l’indicazione di varie sedi dell’Italia settentrionale; la scelta cadde su Trento anche per secondare il desiderio di Carlo V. Le vicende del concilio furono lunghe e complesse; dopo l’apertura del 13 dicembre 1545, fu tenuta la prima sessione nel 1547. Sospeso e trasportato a Bologna, fu ripreso a Trento nel 1551-52 sotto Giulio III e poi riaperto nel 1562 sotto Pio IV e finalmente chiuso alla fine del 1563.

    Con la fine del secolo Trento decade e questo periodo, che segna la soggezione sempre più evidente all’Austria, si chiude nel 1796 con l’ingresso dei Francesi di Napoleone e la fuga a Passavia del vescovo. L’autorità temporale dei principi-vescovi si chiude dopo otto secoli. Restano però profonde e durature tracce nel volto della città odierna, che ancora oggi rivela al visitatore, netta e facilmente reperibile, l’area occupata dalla Trento medioevale e del ‘500-‘700 e quella della città moderna o recente. Solo elemento poco visibile ormai, ma di sicura identificazione, è l’antico letto attivo dell’Adige, che volgeva dall’attuale campo Trentino con ampia ansa e meandro verso il fianco sinistro della valle fin sotto le mura della torre Verde, che fu per un certo tempo anche la presa d’acqua del castello del Buon Consiglio, per ritornare di qui verso il letto attuale del fiume, circa in corrispondenza del moderno ponte di San Lorenzo. A tratti l’acqua stagna a pelo libero nell’Adesol, ben conosciuto. Sulla riva sinistra di questo meandro poggiato e difeso da un lato dal castello e dall’altro alla Veruca romana si estese Trento, cinta di mura, di cui ancora sorgono resti imponenti in piazza della Fiera, chiusa e compatta con le sue abitazioni a fianco dei monumenti più belli.

    I 19 secoli di storia, dall’epoca romana giù giù attraverso il lungo periodo di vita autonoma come principato ecclesiastico fino alla dominazione austriaca e alla redenzione, hanno lasciato le loro tracce nell’aspetto artistico della città. Il più noto forse dei monumenti trentini è il monumento a Dante, opera di Cesare Zocchi; ma esso deve questa sua celebrità oltre e più che al valore intrinseco dell’opera al particolare significato di simbolo del sentimento nazionale e della volontà e decisione del popolo trentino di unirsi alla patria. La scena stessa che campeggia nel secondo ripiano, l’incontro di Virgilio con Sordello, è la proclamazione in bronzo della fratellanza di tutti gli Italiani. E in questo senso lo celebrò Carducci:

    Ed or s’è fermo e par che aspetti a Trento

    contribuendo non poco col suo sonetto a fondere l’aspetto di Trento col monumento a Dante. La città racchiude però in sè tesori artistici di ben altra portata, alcuni dei quali (castello del Buon Consiglio) poterono essere rivelati in tutta la loro pienezza solo dopo la redenzione.

    Visione indimenticabile d’arte è anzitutto il Duomo. Dedicato a San Vigilio esso è costruzione di superba bellezza, tanto all’esterno che all’interno, anche se qualche piccolo particolare, modifiche, soprastrutture e restauri più recenti ne intacchino la purezza stilistica. Iniziato nel secolo XI, tenendo conto nella parte absidale di costruzioni preesistenti, il proseguimento dei lavori ebbe vivo impulso sotto il vescovo Federigo Vanga (1207-18) che si valse dell’opera dei maestri comacini di Adamo d’Arogno. All’esterno la parte più ricca è il lato a settentrionae che dà sulla piazza del Duomo e si raccorda ad angolo col Palazzo Pretorio, già sede del vescovo. Una galleria praticabile, di puro stile romanico si estende per tutto il lato fino alla torre campanaria; sotto di essa le finestre monofore offrono una ricca ornamentazione, che si completa nel magnifico rosone del transetto raffigurante al centro la dea Fortuna che gira bendata la sua ruota. Il portale fu arricchito al principio del ‘500 di un protiro ricavato in parte da frammenti antichi. Questo lato, come del resto tutto l’edificio, doveva apparire anche più maestoso per il fatto che il sagrato antistante era quasi 2 metri più basso. Era questa allora la facciata principale, in quanto nella piazza prospiciente si svolgevano le principali cerimonie religiose e civili. E anche ora questa piazza è spettacolo superbo e suggestivo: la fontana del Nettuno, di Francesco Longo da Lavarone, vi fu collocata nel secolo XVIII e porta una nota di grazia decorativa che mitiga l’austerità del lato formato dal Palazzo Pretorio e meglio si armonizza con la nota di colore data dai tigli secolari e dalla gentilezza dei balconi di legno di una delle case circostanti. Nè manca l’elemento di commozione storica e patriottica: in una delle case circostanti una lapide ricorda che quivi nacque Cesare Battisti, mentre nel lato settentrionale è la casa del Fogo-lino con una ricca decorazione pittorica.

    Trento. Il Duomo.

    Monumento di Trento a Dante.

    Ritornando al Duomo è da notare anzitutto che la facciata, volta a occidente, è più parca e più severa; avrebbe dovuto essere racchiusa da due campanili, ma uno solo, quello di sinistra, fu portato a compimento in epoca posteriore. Sotto il principato di Bernardo Clesio (1514-39) fu sopraelevato l’ottagono a bifore e nel ‘700 fu aggiunta la cupola a cipolla (‘l ravanci del dom, come è chiamata popolarmente con termine che rispecchia una certa critica per la stonatura stilistica). Del campanile destro non esiste che l’addentellato. Davanti al lato di mezzogiorno originariamente si estendeva il cimitero e per questa ragione probabilmente esso è riuscito più semplice e più contenuto nell’ornamentazione. La linea fu anche rotta per opera del vescovo Alberti-Poja (secolo XVII) con una sporgenza quadrata che racchiude la cappella del Sacramento. Volto a oriente è il lato dell’abside, che in origine dava sulla via maestra, la via Veronensis. E tutto un movimento di linee orizzontali e verticali che ottengono un bel gioco d’armonia architettonica, sia pure ad onta o forse proprio in virtù dell’asimmetria dovuta all’inserimento del Palazzetto Vanga, con l’esile campaniletto e dell’antica absidiola di San Giovanni Battista. L’abside centrale offre una sapiente e geniale fusione di motivi architettonici e scultorei: divisa verticalmente in campi, si articola orizzontalmente in quattro zone, dalle finestre seminterrate della cripta, alla galleria cieca che segue, al corpo centrale con le monofore dai ricchi capitelli fino all’ultima parte, la galleria aperta. Ai lati dell’abside, da una parte, come si è detto, il Palazzetto Vanga, merlato e con eleganti trifore, dall’altra l’absidiola della navata di destra, accompagnata da un protiro ricco di particolari ornamentali, come il leone portante e la colonnina destra sorretta da un monolito di tre nani e con nodo ofitico.

    Trento. Interno del Duomo.

    La cripta che aveva in origine pianta a croce latina, fu distrutta e interrata nel 1743 (1739?) quando, per voto dei cittadini liberati dall’assedio del generale Ven-dòme, fu costruito il nuovo pomposo aitar maggiore con le colonne tortili in marmo africano, arieggianti quelle del Bernini in San Pietro. Le tre navate sono divise da pilastri che accentuano la tendenza verso l’alto, sì che, pure nella purezza delle volte romaniche, già si avverte una tendenza alla verticalità che presenta il gotico. Particolarmente interessanti, perchè motivo decorativo raro nella storia dell’arte, le due scale ad archi ricavate nello spessore dei muri, che salgono alla cantoria. Nella navata destra si apre la cappella del Crocifisso, barocca, chiusa da un’artistica cancellata in ferro battuto, fatta costruire dal vescovo Francesco degli Alberti Poja per collocarvi lo storico crocifìsso davanti al quale i 255 Padri del Concilio, la mattina del 4 dicembre 1563, pronunciarono il loro placet. Lungo la parete sono parecchi monumenti funerari. Fra questi meritano di esser ricordati, nella navata sinistra, la tomba del cardinale Bernardo Clesio (1539), nella crociera destra il monumento dedicato a Roberto Sanseverino, condottiero dei Veneziani, annegato miseramente nella battaglia di Calliano (10 agosto 1487): il corpo fu poi ripescato in Adige e sepolto dapprima nel Duomo; le ossa furono poi dai parenti trasportate a Milano. Altro condottiero sepolto in Duomo è il conte Ludovico di Lodrone, che prese parte alla battaglia di Lepanto e morì combattendo contro i Turchi nel 1604.

    Trento. Chiesa di Santa Maria Maggiore.

    Fra le opere di pittura che adornano le diverse pareti meritano di essere particolarmente ricordati gli affreschi nella parete settentrionale del transetto raffiguranti la tragica leggenda di San Giuliano.

    Trento. Chiesa di San Lorenzo.

    Nell’attigua sagrestia sono conservati: la primitiva urna di San Vigilio in marmo greco, ricami artistici del ‘400, corali e libri liturgici e, gioiello principale della raccolta, i sette magnifici arazzi fiamminghi, opera dell’arazziere Peeter De Aasettl (1497-1531), l’autore dei dieci arazzi della Sistina in Vaticano. Acquistati da Bernardo Clesio a Colonia nel 1531, nel 1805 furono portati a Vienna e ricuperati poi nel 1818. Rappresentano: 1° La Natività; 2° La lavanda dei piedi; 3° Cristo davanti a Caiafa; 4° Cristo davanti a Pilato; 5° L’ascesa al Calvario; 6° La Deposizione; 7° La Resurrezione.

    L’edilizia religiosa di Trento non si esaurisce nè si compendia dal suo Duomo. Al mecenatismo del Clesio è dovuta la chiesa di Santa Maria Maggiore, che egli fece costruire fra il 1520 e il 1524 al posto della vecchia Pieve di Santa Maria ad nives, da Antonio Medaglia di Pellio Superiore (presso Como). Restauri dell’inizio del secolo hanno sciupato l’unità stilistica della costruzione, specie nella facciata; la parte in cui meglio si conserva il carattere originale è quella absidale, costituita da un’unica navata armonicamente proporzionata, scandita in tutta la sua altezza da lesene con nei riquadri ampie monofore a pieno sesto. In uno dei riquadri, al posto della finestra, è un’edicola in marmo con gli stemmi del Clesio e della città e nella parte inferiore un’epigrafe col nome del Medaglia e la data: 1524. La porta che si apre nel lato a mezzodì è ornata di un portale lombardesco del secolo XVI. La semplicità e la purezza complessiva delle linee, la voluta mancanza di motivi ogivali, un senso di romana monumentalità fanno di questo scorcio un bell’esempio dell’arte « clesiana » ispirata agli ideali del Rinascimento. Il campanile si innalza sul lato sinistro con due ordini di trifore e un coronamento barocco. La chiesa è chiamata « del Concilio » perchè in essa si tenne quasi la totalità delle congregazioni, mentre le 25 sessioni plenarie si tennero in Duomo. Merita speciale menzione la magnifica cantoria che adorna il famoso organo, scolpita nel marmo dai due scultori padovani Grandi (1534). Nel parapetto due pannelli a rilievo rappresentano la Natività (a destra) e l’Epifania, intrammezzati da un intreccio a traforo che si ripete sui lati.

    Accanto ai due maggiori esempi dell’architettura religiosa meritano un cenno anche alcune costruzioni minori: l’antica badia romanica di San Lorenzo, la chiesa di Sant’Apollinare di là d’Adige e la chiesa di San Pietro.

    Vedi Anche:  Popolazione, mortalità, natalità e migrazione

    La chiesa badiale di San Lorenzo risale alla metà del secolo XII, fu prima dei Benedettini poi dei Domenicani; finì sconsacrata e usata dagli Austriaci anche come caserma. È stata restaurata amorosamente nel 1955.

    La chiesa suburbana di Sant’Apollinare, che giace ai piedi della Veruca, risale in origine al secolo XII, ma fu rifatta nel secolo XIV dai Benedettini provenienti dalla badia di San Lorenzo utilizzando in parte, come materiale di reimpiego, residui dell’antica acropoli. Anche ora essa offre interessanti particolarità di costruzione come l’alta facciata col tetto ripidissimo che fa pensare ad architetture nordiche. E a spirito nordico si riporta la chiesa di San Pietro, fatta costruire in stile gotico nel 1477 dal vescovo Giovanni Hinderbach perchè servisse per la colonia tedesca, allora piuttosto numerosa. La chiesa fu danneggiata da un incendio nel 1624, la facciata fu aggiunta nel 1848 tanto che della costruzione primitiva ben poco è rimasto: il campanile a cuspide acuta coperta di embrici con finestra monofora a sesto acuto. Nell’interno, a sinistra del presbiterio, è la cappella del beato Simo-nino vittima di un presunto omicidio rituale dovuto a ebrei fanatici (1475).

    Trento. Particolare del castello del Buonconsiglio.

    Se dall’architettura religiosa si passa a quella profana, campeggia ancora il nome del Clesio: infatti a lui è legata la parte più monumentale del castello del Buonconsiglio, il famoso « Magno Palazzo ». Sorto in epoche diverse, il castello abbraccia in tutta la sua estensione un vasto complesso che va dalla Torre Grande, rotonda, massiccia, poderoso mastio che faceva parte della cinta urbana già prima del secolo XIII, fino alla Torre dell’Aquila, legata in realtà agli altri edifìci solo da un cammino di ronda. Deve il suo nome a una falsa interpretazione del latino medioevale mallum, senso di adunanza pubblica in cui si disputavano le maggiori cause, si discutevano i pubblici affari e Colle del Malconsiglio era appunto in origine chiamato il colle su cui sorse il castello, fondendo in un solo termine due vocaboli di significato eguale. La prima componente fu poi interpretata dal latino malus, cattivo, e cambiata per scaramanzia (nomina sunt omina /) in buono. La parte più antica, dugentesca, si stringe intorno alla cosiddetta Torre di Augusto: è il «Castel Vecchio» come lo chiamava il Clesio, che fu dal 1255 residenza dei vescovi. Deve il suo aspetto attuale al vescovo Giovanni IV Hinderbach (1465-86) che vi apportò ampliamenti e modifiche in stile gotico veneziano. In pieno Rinascimento, il Clesio, cardinale e cancelliere imperiale, volle per sè una residenza più grandiosa e fastosa e fece costruire in stile rinascimentale il « Magno Palazzo » col concorso di famosi artisti italiani. In origine separato dal Castel Vecchio, fu poi dal vescovo Alberti legato in un’unica facciata. Decorato e arricchito internamente con lo splendore e la magnificenza degni di una residenza principesca, ebbe a subire nei secoli successivi saccheggi e rapine fino a quando, il 5 settembre 1796, Napoleone entrò vittorioso anche in Trento e prese alloggio nel castello, facendo poi man bassa di argenterie, quadri, porcellane e altre cose preziose. Il castello finì poi in mano del militare austriaco. Solo dopo la redenzione fu amorosamente restaurato e adibito a « Museo nazionale » e « Museo del Risorgimento ». E così ora anche all’interno offre una successione di suggestivi cortili, scalee, magnifici saloni con ricche, smaglianti decorazioni di pitture dovute al pennello del Romanino, del Fogolino, del Longhi, dei Dossi e altri, di stucchi e terrecotte (dello Zacchi da Volterra). Oltre alle sue opere d’arte, il castello racchiude entro le sue mura anche le memorie dell’ultima lugubre e gloriosa pagina del Risorgimento nazionale. In una parte di esso sono le celle dove aspettarono la morte Cesare Battisti, Fabio Filzi e Damiano Chiesa e dove morì il loro compagno di prigionia Peratoner; la «Stua della Famea » fu dagli Austriaci ridotta a tribunale di guerra e in essa fu tenuto il processo e pronunciata la condanna contro i martiri trentini; nella Fossa del castello — al tempo del Clesio parco dei cervi — essi furono giustiziati (1916): cippi e fotografie mantengono vivo il ricordo e la testimonianza del loro sacrificio.

    Se il Duomo e il castello del Buonconsiglio sono l’espressione più alta della Trento artistica, non sono però apparizioni isolate: costituiscono una delle caratteristiche indimenticabili della città vari palazzi nobiliari, primo fra tutti e noto il palazzo Tabarelli. La facciata, benché costruita in due epoche diverse (parte cinquecentesca e aggiunta settecentesca) mantiene l’unità stilistica che rivela chiari influssi toscani e ricorda, nei bugnati acuiti in punta, il Palazzo dei Diamanti di Ferrara. E ornata inoltre da una serie di ricchi medaglioni di imperatori (Nerva, Carlo V), vescovi (il Clesio) altri personaggi storici.

    Più caratteristica ancora una serie di palazzi con le facciate affrescate, specialmente lungo la via Belenzani e in piazza del Duomo. Le case al Duomo, coi bassi portici, furono decorate dal Fogolino, che qui abitava intorno al 1530, con ricca figurazione di scene e figure allegoriche (per es. : Amore, Il Tempo, La Fortuna, La Scala della Virtù) commentate da ricchi cartigli. Risale invece al secolo XV la decorazione damascata della casa Balduini, già dimora di Arcangelo Balduini, medico del vescovo Hinderbach e dell’imperatore Federico II, al secolo XVI quella di casa Alberti-Colico. In tutte il gioco delle finestre monofore, bifore, trifore, aggiunge vaghezza alla costruzione. Più ricca e più complessa la decorazione della casa Geremia. Non si tratta soltanto di arabeschi o frisi ma di tutta una serie di scene e allegorie dovute forse al pennello del Fogolino. Ritorna in un riquadro a terreno la ruota della Fortuna mentre sopra, nelle superfici lasciate libere dalle eleganti qua-drifore e monofore, risplendono le cerimonie fastose di « ingressi a trombe squillanti, con bandiere al vento, tappeti alle finestre e archi di verzura, che via Larga (ora Belenzani) vide con tanta frequenza attraverso i secoli, al passaggio di ogni imperatore e principe o altro grande che scendesse dalla Germania o vi ritornasse ». Una di queste scene, corredata di cartiglio esplicativo, ritrae l’imperatore Massimiliano che dimorò in casa Geremia nel 1508 e nel 1509, in due momenti diversi: seduto con altri personaggi e affacciato al balcone a salutare il popolo. La rassegna di belle case disseminate nella città comprende ancora il Palazzo Tono, sede del municipio, il Palazzo Lodron che una leggenda vuole fabbricato in una notte (palazzo del diavolo) e il Palazzo Del Monte che sorge in uno degli angoli più pittoreschi della città, al « Cantone ».

    Trento. Torre Verde.

    Completano la visione artistica di Trento i resti della cinta antica fra cui le tre torri più note: la Torre Verde, la Torre Vanga e la Torre dell’Aquila. La Torre Verde si specchiava un tempo nell’Adige, è a forma semicircolare con balconcino e alta cuspide coperta di embrici colorati ed era parte della cinta muraria. Massiccia e quadrata è invece la Torre Vanga, così chiamata perchè costruita nel secolo XIII dalla famiglia Vanga. Anch’essa era legata al fiume: serviva infatti in difesa del ponte quivi esistente. La costruzione dugentesca che le si serra è opera di ripristino. La Torre dell’Aquila chiude come si è detto il complesso del castello e racchiude nella sala di mezzo affreschi interessantissimi che gli studiosi riportano agli anni fra il 1390 e il 1407 : è il Ciclo dei mesi, opera di quella corrente che si suole classificare come « cavalleresca internazionale », che fonde in una schietta espressione il realismo col fiabesco.

    Con la seconda metà del secolo XIX e più ancora con i sessant’anni del secolo attuale coincide lo sviluppo planimetrico cui si associa quello demografico ed economico. La Trento dell’epoca del Concilio è ancora reperibile e identificabile nella pianta attuale lungo i viali che da piazza Venezia portano a quella della Fiera e da questa al Duomo e alla Torre Vanga per raggiungervi l’antico corso dell’Adige; quella che può definirsi come la città antica ebbe poco più, certo, ad estendersi nei secoli successivi al XVI fino alla metà del XIX. L’aumento della popolazione e lo sviluppo economico-amministrativo della seconda metà dell’800, la necessità da parte dell’uomo di difendersi anche dalle minacciose piene dell’Adige, determinarono in tempi non lontani l’ampliamento urbanistico, avvenuto in varie direzioni, sia lungo le direttrici delle arterie principali, la valle dell’Adige e la via della Valsugana, sia verso aree di facile occupazione sul fondovalle. Altro elemento che certamente ha influito sullo sviluppo planimetrico della città fu la costruzione della linea ferroviaria, linea di transito per Trento, come per Bolzano. Ma nei due casi la ferrovia è stata elemento, di fronte al quale diversa è stata la reazione: è infatti constatabile come la linea ferroviaria con le sue attrezzature sia inclusa nella città moderna o recente, mentre a Bolzano il quartiere oltre la linea ha conservato il carattere che aveva in precedenza alla costruzione stessa.

    Sviluppo planimetrico e morfologico della città di Trento.

    1, Castello del Buonconsiglio; 2, Duomo; 3, Santa Maria Maggiore; 4, Arcivescovado; 5, Municipio; 6, Municipio Vecchio; 7, Palazzo Tabarelli; 8, Piazza Cesare Battisti; 9, Piazza Italia; io, Monumento a Dante; 11, Monumento a Battisti; 12, Monumento a De Gasperi; 13, Torre Vanga; 14, Torre Verde; 15, Porta Aquila; 16, Rotonda; 17, Ponte San Lorenzo; 18, Ospedale Civile; 19, Museo di Storia Naturale.

    A seguito dello sviluppo planimetrico dell’ultimo secolo e di quello più propriamente economico e amministrativo degli ultimi tempi anche in Trento possono distinguersi una serie di quartieri, aventi una loro funzionalità.

    Facilmente individuabile è il quartiere del centro che corrisponde circa all’antica città entro la cinta murata con espandimenti in varie direzioni verso il centro del fondovalle fino a viale A. Rosmini con inclusione di alcune istituzioni come il Filarmonico e il grande Palazzo Scolastico di via Verdi, sede oltre che delle scuole anche del Museo di Storia Naturale della Venezia Tridentina, potenziato da G. B. Trener con gratuito lavoro e prestazioni di una schiera di collaboratori e conservatori del museo di cui si onorano far parte numerosi studiosi di alta fama: vero istituto scientifico, oltre che ricca sede di documentazione degli aspetti naturalistici della Regione. Verso settentrione, e cioè verso la stazione ferroviaria, si estende l’area assai decorosa dei giardini pubblici con il monumento a Dante e su cui prospettano oggi gli uffici centrali della Regione e della Provincia (sede della Giunta, ecc.), un tempo sede del Governatorato e di altre attività di carattere economico, oltre che alcune delle più moderne attrezzature ricettive. Lo stesso quartiere centrale si è alquanto esteso anche verso sudest nella zona tra piazza Venezia e quella della Fiera, ove sorgono un’altra serie di uffici (il Palazzo di Giustizia, la Curia, ecc.) che completano le funzioni del quartiere interno della città a struttura quindi polivamente: amministrativa, residenziale intensiva, culturale (Biblioteca Civica, musei, Filarmonico), commerciale, ecc. Cuore ne è l’area centrale tra piazza del Duomo, via Manci, via San Pietro, via Cale-pina, ove pulsa più attiva e fervida la vita intorno al punto centrale di piazza Italia. Aggiunge una nota artistica moderna il monumento ad Alcide De Gasperi, sorto per iniziativa della Democrazia cristiana in piazza Venezia, opera di Antonio Berti.

    Trento. Piazza Dante.

    A questo nucleo centrale fa corona la zona ferroviaria che dalla stazione si prolunga verso settentrione tra via Brènnero e corso Buonarroti, a funzione economica molto spiccata, anche se piuttosto complessa, ove si accentrano le attività di natura commerciale e verso l’esterno della città anche alcune notevoli industrie. Tale quartiere si dilunga anche verso sud ad alcuni stabilimenti situati tra la ferrovia e l’Adige, mentre l’area tra corso Buonarroti e l’Adige si caratterizza piuttosto come area residenziale di tipo intermedio, ove non mancano anche alcuni importanti nuclei scolastici (Istituti tecnici).

    Carattere spiccatamente residenziale ha il quartiere orientale, formato dalle pendici del Calisio, alle spalle del castello del Buonconsiglio, dalle adiacenze della strada per la Valsugana, tipica zona a villette e giardini e dalla vasta area che si incunea tra la via della Valsugana ed il corso arginato del Fèrsina, ormai in più parti largamente superato. In quest’area a grossolana forma di triangolo che si appoggia al quartiere del centro e al viale 3 Novembre prevale in maniera quasi assoluta la funzione residenziale con caratteri diversi, cioè intensivo verso la città e di città-parco o città-giardino verso l’esterno, soprattutto sulla zona delle pendici dei monti. Propaggini di questo ampio quartiere vanno considerati gli espandimenti oltre il Fèrsina, lungo le strade principali di Villazzano e lungo quelle che più ripide salgono verso le pendici dei monti sulla sinistra della valle.

    Trento. Portici di via del Suffragio.

    Carattere più proprio ha il quartiere meridionale, cioè quello che si sviluppa da piazza della Fiera e lungo la via Santa Croce, viale 3 Novembre e la ferrovia giunge sino al Fèrsina. Può esser definito anche come quartiere scolastico, per l’esistenza di alcuni grandi complessi di studio come il Seminario maggiore, il Seminario minore e istituzioni connesse, assai sviluppate negli ultimi anni, cui fanno corona, alcuni edifici di scuole pubbliche, che imprimono un carattere abbastanza tipico a questo quartiere, ove non manca anche la funzione residenziale, data la sua posizione rispetto a quello centrale.

    Il quartiere occidentale, oltre l’Adige, detto anche Piè di Castello, un tempo da considerarsi più staccato dalla città, ma oggi saldamente ad essa connesso, ha assunto un aspetto complesso di carattere industriale per la presenza dei grandi cementifici, conservando per il resto un carattere misto di tipo residenziale con sviluppo autonomo di alcune infrastrutture.

    Trento. Mausoleo di Cesare Battisti.

    Vi sovrasta la Veruca, la quale appartiene alla città sia perchè sede del più antico nucleo, sia perchè oggi vi sorge il mausoleo di Cesare Battisti, opera di Ettore Fagioli (I935)» consistente in un cerchio di 16 colonne in marmo verdello, che sorgono da un basamento circolare cui si accede da due scalee. Al centro, sopra un alto piedistallo, la massiccia arca di scura pietra; nell’ipogeo è sepolto il martire dietro alla semplice scritta Cesare Battisti.

    Dei dintorni di Trento, oltre alla Veruca, meritano speciale ricordo, perchè connessi con la città, la cascata di Ponte Alto sul Fèrsina, con bell’orrido naturale di oltre 60 ni., opportunamente sistemato per la visita, e soprattutto il Bondone, detto « montagna di Trento » a cui si accede per bellissima strada panoramica, attraverso Sardagna. Si raggiungono così, attraverso boschi di castagni, le belle distese prative fiorite di Candriai e delle Vaneze, fino al Bondone con ottima organizzazione turistica e ricettiva. Ai dintorni appartiene anche la vetta della Paganella, facilmente accessibile con rapida salita in teleferica; dalla cima l’occhio spazia con largo raggio su tutto il Trentino, come dice la popolare canzone.

    Trento. Monumento a Alcide De Gasperi.

    L’aspetto e le caratteristiche di Trento quale individuo geografico emergono con evidenza da quanto si è detto. L’accresciuta importanza demografica dell’ultimo cinquantennio testimonia un continuo sviluppo economico, privo se si vuole di momenti e congiunture particolari, connesso via via con l’importanza politica della città e con la sua posizione a dominio di una importante via di comunicazione, oltre che punto di sbocco della valli del Noce e dell’Avisio, oltre che del Sarca, del territorio di Pèrgine e della Valsugana. Ne è conseguito lo sviluppo morfologico della città, la sua importanza artistica del passato e quella anche culturale attuale. Di questa testimoniano la Biblioteca Civica, ricca di codici e incunaboli, tra cui un Virgilio del secolo XI, il Glagolitico Cloziano pure della stessa epoca, la Bibbia Bassetti con miniature del secolo XIV, ecc. Di importanza capitale per la storia della città e del Principato è l’Archivio di Stato comprendente il materiale archivistico ricuperato dopo il 1918; infatti con la secolarizzazione del Principato le raccolte d’archivio erano state portate a Vienna e in parte ad Innsbruck. Tra i cimeli da ricordare il diploma originale dell’imperatore Corrado con cui veniva istituito il principato ecclesiastico (Brescia, 31 maggio 1027), il Codex Vangianus del secolo XIII e il Codex Clesianus del secolo XIV. Il Museo del Risorgimento con sede nel castello raccoglie in parecchie sale ricordi dell’irredentismo trentino, cimeli preziosi del martirio di Cesare Battisti e dei suoi compagni e documenti della guerra di liberazione.

    Se le istituzioni culturali, che si completano nel Museo di Storia naturale e in varie altre iniziative che ricordano e fanno rivivere ancor oggi l’ardore di studi della fine del secolo scorso e dei primi anni di questo, fanno fede di tale attività della città, il suo sviluppo morfologico dalla città antica alla città moderna, ed alcune aree di recente occupazione sono la prova del nuovo volto di una delle più antiche città alpine per origine, di maggior importanza nella storia, di nobili tradizioni culturali e di attività di oggi.