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Napoli

    Napoli

    La metropoli partenopea è una delle più popolose e interessanti città d’Italia, una delle più ricche di storia e delle più celebri della Terra sin dai tempi assai remoti, per l’incomparabile bellezza del suo golfo, per la vitalità della sua popolazione, per la sua importanza culturale e politica. Napoli è sempre stata sede preferita di soggiorno e mèta sospirata di viaggi, specialmente per gli uomini colti del mondo intero, che dai suoi dintorni hanno tratto motivi per opere imperiture. Quanti devono alla mirabile bellezza paesistica delle terre che ne incorniciano il golfo e alla giovialità delle popolazioni che vi abitano periodi più o meno lunghi di serenità, di distensione, di godimento vero del corpo e dello spirito!

    Sull’orizzonte marino di Napoli si innalza la barriera dei Monti Lattari, che sembra continuare nell’isola di Capri e che, illuminata dal sole pomeridiano, rivela la sua complessa morfologia attraverso l’estensione delle zone in ombra; ad oriente si innalza il nereggiante cono del Vesuvio col ciglione del Somma, che gli fa da recinto; ad occidente la collina tufacea di Posìllipo e, più in là, le varie formazioni crateriche flegree, che sembrano ricongiungersi, attraverso le colline di Baia e di Monte di Pròcida, ai rilievi insulari di Pròcida e di Ischia.

    orientale con due grandi anfiteatri naturali tra Posillipo e Poggioreale, che si saldano in corrispondenza della dorsale che da San Martino degrada dolcemente verso Santa Lucia. I due anfiteatri addolciscono il loro pendio verso il basso, fino a presentare un’area pianeggiante presso il mare, più stretta ad occidente della collina di Pizzofalcone, che sovrasta Santa Lucia, più larga ad oriente, dove si apre la pianura del Sebeto.

    La città di Napoli si è formata in origine sul penepiano di base di quest’ultimo anfiteatro, del quale ha superato solo in tempi recenti la soglia delle porte che davano sulla pianura, mentre si è sviluppata estesamente verso le falde della collina di San Martino, su quella di Santa Lucia e nella zona pianeggiante di Chiaia. L’espansione recente dell’area urbana è avvenuta verso le colline alte, verso il Vesuvio, nel piano di Bagnoli e di Fuorigrotta, oltre la collina di Posillipo e, ai margini del Piano Campano, oltre le colline di Poggioreale.

    Napoli sin dalle origini sembra formata di due parti, una sul Monte Echia (Pizzofalcone), forse di fondazione cumana, in luogo adatto alla difesa e con scalo a Santa Lucia, protetto dall’isola di Megàride (Castel dell’Ovo) contro le onde sollevate dal libeccio e già frequentato dai più antichi navigatori dei nostri mari (Fenici), un’altra sul lieve declivio compreso tra l’Università, i Tribunali e Piazza Dante, cinta da mura e con porto entro alcune insenature naturali, che allora intaccavano la linea di costa, penetrando nell’odierna Piazza Municipio. E questa la città nuova (Neapolis), che si presume fosse sorta in contrapposizione ad un centro più vecchio (Palaepolis), quando l’afflusso di nuovi coloni da Atene e da Càlcide diede un impulso notevole alle attività culturali e commerciali della città.

    Città di Napoli

    Per quanto non ci siano note le date della fondazione nè della vecchia, nè della nuova città, gli studiosi sembrano d’accordo nel farle risalire ai secoli VII e VI a. C. rispettivamente.

    popolazioni locali e acquistato i loro prodotti, tanto più che nella nuova città non mancò affatto la collaborazione tra Greci ed Osci.

    La Napoli greca si sviluppava su un terreno in leggero pendio, tra Piazza Cavour, i Tribunali, il Rettifilo, l’Università, Via Mezzocannone e Via Costantinopoli ed aveva una pianta a maglie regolari che richiamava quella di altre città greche e in particolare di Priene, città dell’Asia Minore ricostruita dagli Ateniesi nella prima metà del secolo V a. C., dopo la battaglia di Micale (Russo). Lo schema urbanistico della città greca è difficile definirlo nei dettagli, ma si riesce a riconoscerlo dal tracciato di alcune strade, che ricalcano le arterie principali dell’antico centro urbano. Le principali erano orientate nel senso estovest (Via San Biagio dei Librai, Via dei Tribunali e Via Sapienza), avevano una larghezza di 5-6 m. ed erano tagliate ortogonalmente da più numerose trasversali (Via Nilo, Vico Gerolomini, Via Duomo, Via Scassacocchi), dalla larghezza di circa 3,5 metri.

    Le maglie erano abbastanza regolari e a figura geometrica e si formavano con trasversali che incrociavano le tre strade principali, di cui Via dei Tribunali corrisponde al Decumanus maggiore, la Via Santi Apostoli, Anticaglia e Sapienza indicano il tracciato del Decumanus superiore, quella di San Biagio dei Librai e Forcella il Decumanus inferiore. Lo sviluppo longitudinale di Napoli antica era di 740 metri circa.

    La città era cinta da una potente cerchia di mura, che le assicurava una buona difesa, ma è probabile che durante la pace romana essa sia stata superata da varie costruzioni sulla strada per Pozzuoli e verso il porto. L’espansione della città verso Piazza Municipio e il porto corrisponde ad una fase di sviluppo edilizio verificatosi al tempo dell’Impero, quando la sua popolazione dovette aumentare dai 25-30.000 abitanti del periodo ellenico a 30-35.000 (Pardi).

    La murazione fu ripristinata sotto Valentiniano III, ma subì ulteriori modificazioni sui lati rivolti ad occidente e al mare nelle successive ricostruzioni di Belisario e di Narsete, il primo dopo averne distrutto dei tratti nel suo assalto alla città (536), il secondo per riassicurare ad essa una difesa dopo che Totila le aveva fatto abbattere quando la conquistò per fame (543).

    Napoli sotto i Bizantini e durante i secoli in cui si resse a ducato andò riacquistando il prestigio, che aveva perduto per le continue invasioni, e dovè provvedere a difendersi da se stessa contro i reiterati attacchi dei Longobardi e dei Saraceni, e, sebbene fosse costretta a cedere talvolta ai primi, talaltra ai secondi, riuscì sempre a riprendersi. La sua popolazione, già ridotta, durante le guerre ostrogote e bizantine (secolo VI), a circa 15.000 ab., cominciò a crescere lentamente e oscillò tra 25.000 e 35.000 abitanti durante il tempo del ducato.

    Piazza della Borsa, mentre un canale si spingeva fino a Via Mezzocannone. L’opera di colmata dell’età moderna ha rettificato il contorno della costa tra Castelnuovo e Piazza del Mercato con la costruzione di banchine e di moli.

    Nel secolo XI, quando dovette cedere ai Normanni, la città conservava la sua cerchia murata (4,5 km.), alquanto più ampia rispetto ai tempi antichi; ma, poiché lo sviluppo era avvenuto senza un piano organico, i nuovi quartieri si segnalavano per la irregolarità della rete stradale. Con i Normanni la popolazione continuò ad aumentare (40.000 ab.) e i fabbricati si estesero, ma sotto gli Svevi vi fu un peggioramento della situazione, che spiega l’ostilità dei Napoletani alla nuova dinastia e che fu accompagnato da un decremento della popolazione.

    la città dipendeva amministrativamente e giudiziariamente dalla Terra di Lavoro; ma il giustiziere risiedeva periodicamente a Capua e a Napoli.

    Con gli Angioini ricominciano il risveglio della città e il suo sviluppo urbanistico e demografico, perchè Napoli diventa capitale di un vasto regno, accoglie molti nobili francesi e dà notevole impulso alle costruzioni religiose, accanto alle poche preesistenti, di cui alcune dovute all’iniziativa della famosa Abbazia di San Vincenzo al Volturno. I sovrani stessi si fanno promotori dello sviluppo dell’edilizia civile e religiosa della capitale, per cui sorgono palazzi sontuosi con ampi cortili e giardini e si moltiplicano le cupole e i chiostri, che tanta importanza conservano tuttora nella struttura urbanistica e nel paesaggio urbano di Napoli.

    La popolazione cresce rapidamente e, secondo alcuni autori, si sarebbe avvicinata a 60.000 abitanti nella prima metà del secolo XIV, mentre secondo altri sarebbe risultata sensibilmente superiore. I fabbricati si moltiplicano entro le mura, eliminando gli spazi verdi, ma si impone anche un’espansione fuori di esse, la quale avviene in due direzioni, cioè verso Santa Maria del Carmine, e intorno alla Piazza del Mercato, e verso la base della collina di San Martino, originando un quartiere nella zona tra Piazza del Gesù e la Posta.

    Napoli assume in pieno le funzioni di capitale, si arricchisce di castelli (Maschio Angioino o Castelnuovo, Castel Sant’Elmo), di chiese e monasteri (Santa Viaria La Nova, Sant’Agostino, San Domenico, Duomo, Santa Chiara, San Lorenzo, Certosa di San Martino), di piazze, di strade lastricate e di edifici pubblici e privati. Essa diventa la sede preferita di molti nobili che vi costruiscono bei palazzi con le entrate derivanti dalle loro terre lontane, è fiorente per il commercio e l’artigianato, per gli studi e per le scienze, ed è ingentilita dalla presenza della corte e di una aristocrazia francese.

    Le feste civili e religiose si moltiplicano e diventano sfarzose, ma i frequenti matrimoni in seno alla famiglia reale gravano sul bilancio dello Stato. I re si svin-

    colano dagli imperatori, avvalendosi dell’opera di insigni giureconsulti (Bartolomeo da Capua), e si sforzano di fare delle leggi eque, tanto che Roberto, difendendo gli umili e vendicando i torti, si concilia il favore popolare ed è considerato uno dei migliori sovrani di Napoli.

    La pace fu turbata sotto gli ultimi Angioini e la popolazione, colpita da carestie e da epidemie nella seconda metà del secolo XIV, si ridusse sensibilmente, ma in quello successivo registrò notevoli aumenti, tanto che al tempo di Alfonso il Magnanimo risultava superiore a 70.000 abitanti.

    Con gli Aragonesi comincia l’espansione della città verso oriente in una zona da Via Forìa al Carmine (San Giovanni a Carbonara, Santa Caterina a Forniello). Da ciò la necessità di attuare le prime bonifiche della pianura fuori dell’antica cerchia di mura e lungo la costa, col divieto di macerare lino e canapa presso la città. Sotto Ferrante si realizza la nuova cerchia muraria tra Via Forìa e Castelnuovo e si costruiscono porte e bastioni verso oriente e verso sud. Tali mura sono abbastanza ben conservate ed indicano che la città si era estesa fino al Corso Garibaldi, alla piazza della ferrovia e a Via Cesare Rossaroll.

    collegata con i Campi Flegrei, dove gli Astroni diventarono un’importante riserva di caccia, con il Vesuvio, sulle cui falde si andavano formando ville e centri, e con la pianura campana.

    Il secolo XVI segna l’inizio del lungo periodo viceregnale. Napoli cessava di essere capitale di uno Stato indipendente, ma continuava ad essere sede di una Corte, del viceré, dei nobili e del clero. Essa divenne sede preferita da molti, richiamati dal fasto spagnoleggiante, dalla possibilità di una vita migliore o dalla speranza di più facili guadagni. La popolazione, pertanto, aumentò rapidamente, in misura superiore allo sviluppo economico della città, e cominciò ad addensarsi in quartieri squallidi. Nel giro di un secolo e mezzo si triplicò, avvicinandosi a 225.000 persone ai primi del Seicento ed a 350.000 abitanti alla vigilia della terribile pestilenza del 1656.

    Da ciò derivò la necessità di un grande ampliamento fuori delle mura, non essendo più sufficiente lo spazio disponibile entro di esse. Lo sviluppo demografico e urbano coincise soprattutto col governo ventennale di uno dei più autorevoli e benemeriti viceré di Napoli, Don Pedro di Toledo, sotto il quale la città subì una notevolissima espansione verso la base della collina di San Martino, verso la collina di Pizzofalcone e verso Santa Lucia, al di là di un’importantissima arteria, aperta dal Toledo tra le attuali Piazza Dante e Piazza Trieste e Trento.

    Si formarono allora i cosiddetti quartieri spagnoli a pianta regolare, che furono inclusi in una nuova murazione e che si inquadrarono in un grande piano di risanamento edilizio della città, che fu certo uno degli obiettivi del Toledo. Ampliamenti minori si ebbero a nordovest.

    La capitale è il rifugio dei potenti, dei ricchi, dei nobili, di schiere di religiosi, che traggono dalle loro vaste estensioni di terre semiabbandonate entrate sufficienti per ingrandire i loro palazzi e i monasteri, per vivere negli ozi e negli svaghi, per compiere cacce e conviti. La sua popolazione, però, è costituita in buona parte da

     

     

    gente miserabile, che gravita intorno ai signori e ai monasteri, che vive di espedienti e si addensa in squallidi quartieri, a costituire veri formicai umani, dove la delinquenza e l’immoralità sono assai spiccate, le risse e i tumulti molto gravi.

    Feste grandiose, civili e religiose, cavalcate e cortei magnifici, luminarie, mascherate, carnevali rumorosi, funerali pomposi, carestie ed epidemie, sollevazioni popolari, risse ed esecuzioni capitali, caratterizzano il periodo viceregnale nella capitale e si susseguono con grande frequenza, trovando la causa occasionale in incoronazioni di re, in nascite e matrimoni nella casa reale, in ricorrenze civili e religiose. Ai giochi tradizionali se ne associano altri importati dalla Spagna (corride dei tori). Il popolo, pur nella miseria, si diverte e trova in tali cerimonie, ora liete, ora lugubri, un diversivo alla monotonia della sua vita quotidiana.

    Poiché la città era priva di teatri, le opere si recitavano nelle case dei nobili; ma nella seconda metà del secolo XVI si formarono compagnie girovaghe, che si esibivano all’aperto. In quel periodo acquistò fama la maschera di Pulcinella, per merito dell’attore Silvio Fiorillo, e divenne il simbolo del cittadino bonario e arguto, sempre accomodante : essa ritrae il tipico napoletano del Seicento, che si è piegato a condizioni servili.

    Mentre la vita nelle campagne diventava sempre più difficile, per l’imposizione di enormi tributi e per i pericoli derivanti da uno sfrenato banditismo, nella capitale si sperperavano ingenti somme in feste ed in banchetti. Napoli si andò, tuttavia, arricchendo di magnifici palazzi, dalle linee severe e dagli spaziosi cortili interni, adorni di statue e di piante, e di quartieri densi di case e di uomini e assai trascurati dal punto di vista igienico, nei quali le epidemie poterono mietere a più riprese migliaia di vittime.

    La città parve respirare meglio dopo che la peste del 1656 ne ridusse la popolazione a meno della terza parte e i suoi quartieri più poveri si svuotarono. Dovette

     

     

    passare più di un secolo perchè si colmassero i vuoti demografici, prodotti da quella terribile pestilenza, e fu solo con l’indipendenza del Regno, che Napoli ricevette una nuova potente spinta demografica e subì un rinnovamento entro le mura e una considerevole espansione fuori di esse.

    Con i tempi mutarono i mezzi dell’offesa bellica, sicché le mura apparvero sempre più inutili per garantire una efficiente difesa, per cui la città potè liberamente seguire le più opportune direttrici di sviluppo nel corso della seconda metà del secolo XVIII, quando riprese ad espandersi, risultando sempre più incapace di ospitare i suoi abitanti in crescente aumento (337.000 nel 1765; 442.000 nel 1798).

    Tali direttrici di sviluppo furono indicate dalle strade che collegavano Napoli con le regge di Capodimonte e di Pòrtici, con Piedigrotta e con la Riviera di Chiaia, dove Ferdinando creò vasti giardini pubblici nel 1890, e con la nuova città che si formava presso le falde dei Tifata, intorno alla Reggia del Vanvitelli. Si trattò in alcuni casi di espansione lineare ai lati delle strade, ma non mancò la tendenza a formare vasti agglomerati alla base della collina di Capodimonte e intorno a Piazza Carlo III. Sulle colline del Vòmero e di Posìllipo, come sulle basse falde del Vesuvio, si moltiplicarono le ville dalle linee severe e dalle terrazze degradanti verso il mare, inserite in parchi magnifici, e cominciarono a formarsi al Vòmero e a Fuorigrotta dei cospicui agglomerati, che sono i primi nuclei dei popolosi quartieri residenziali odierni.

    Agli inizi del secolo XIX, durante la dominazione napoleonica, si assistè ad un forte esodo della popolazione da Napoli, perchè il re ed i suoi seguaci si trasferirono a Palermo, molti nobili ed ecclesiastici seguirono la Corte o andarono a respirare aria più salubre nelle ville di campagna. Inoltre parecchie migliaia di persone, che gravitavano intorno alla nobiltà e al clero, trovarono rifugio e lavoro altrove, in seguito all’eversione della feudalità, all’abolizione di parecchi ordini religiosi e alla confisca dei loro beni. Nè la restaurazione del governo borbonico e il conseguente sviluppo industriale dell’area partenopea, favorito da particolari leggi protezionistiche, furono sufficienti a riportare la popolazione di Napoli nelle posizioni di un tempo.

    La capitale avvertì presto i disagi derivanti dalla restrizione dei commerci e dalle leggi protezionistiche e, pur restando un grande mercato di assorbimento di svariati prodotti pregiati provenienti da ogni parte del mondo e capaci di soddisfare le notevoli esigenze del suo ceto ricco, non era in grado di offrire in cambio che poche merci di scarso pregio. E intanto le campagne circostanti, vuoi per la dispersione dell’industria, vuoi per l’afflusso di capitali accumulati in città, vuoi per alcune innovazioni nel regime della proprietà fondiaria e per l’introduzione e la diffusione di nuove colture, cominciavano ad acquistare una certa autonomia rispetto alla capitale. In questa, d’altra parte, si andavano accentuando i contrasti sociali, perchè di fronte a un proletariato misero si formava una nuova classe di ricchi industriali, di commercianti, di imprenditori e di professionisti — più avveduti ed attivi —, i quali cominciavano ad oscurare le glorie di una vecchia nobiltà, ancora potente, ma non sempre in grado di affrontare la nuova realtà sociale, politica ed economica, che andava maturando.

    Il contrasto sociale si riflette sull’edilizia della città e sulla struttura economica delle varie sue parti: magnifici palazzi signorili, vere oasi di delizie, di svaghi e di lusso, sede di gente colta, raffinata e ricca, sono circondati spesso da luridi e squallidi fondachi, da ricoveri di fortuna e da bassi, in cui le abitazioni risultano quasi tutte unicellulari e sfornite dei più essenziali servizi igienici, e gli abitanti, privi di risorse e di istruzione, sono facilmente esposti a degradazione morale e indifesi contro le epidemie.

    I fondachi delle sezioni Pendino, Porto, Mercato e Vicarìa erano i più numerosi e i più squallidi. Essi erano di solito costituiti da vecchi fabbricati a più piani con una stretta e lurida corte centrale, dai ballatoi minanti, dai muri privi di intonaco e umidi per l’acqua cadente dai tetti senza grondaie, con il cortile dal selciato mancante o dissestato, ricco di maleodoranti pozzanghere, in cui giocavano frotte

    di bambini, gracili e seminudi, si raccoglievano le donne a ciarlare o a litigare, si apriva la botteguccia di qualche artigiano e non mancavano stalle o pollai. Un oscuro androne li metteva in comunicazione con la strada e con la vita, perchè l’interno era l’anticamera della morte, materiale e morale, per centinaia di persone che vivevano di carità, semisepolti in antri bui e umidi. Questa era la triste realtà dei malfamati fondachi napoletani, di cui parecchi autori del secolo scorso ci hanno lasciato quadri vivi e toccanti e di cui ci possono dare un’idea quelli che sono stati risparmiati dall’opera di risanamento e che ancora offrono impossibili condizioni di vita.

    privilegi, che alla città derivavano dall’essere capitale di un vasto regno, e con il sensibile aumento del costo della vita.

    La popolazione continuava ad aumentare con ritmo crescente (447.065 ab. nel 1861 nel territorio comunale attuale; 490.432 nel 1881 ; 615.605 nel 1901), anche per l’afflusso a Napoli di un gran numero di persone dalle campagne, povere e poco sicure, ma fu decimata di frequente da epidemie e dall’alta mortalità infantile. Lo spettro del colera, che già aveva prodotto oltre 28.000 vittime negli anni 1836 e 1837, cominciò ad apparire più frequentemente nella seconda metà del secolo, facendo circa 1300 morti nel 1855, circa 2400 nel 1866, oltre 1300 nel 1873, oltre 7000 sia nel 1874 nel 1884. Non tanto per il numero dei morti in se stesso, quanto per la nuova sensibilità dei governanti e per l’ondata di commozione e di solidarietà che sollevò grazie ai nuovi mezzi di informazione entro e fuori d’Italia, il colera « fu una rivelazione terribile: si vide quanta miseria e quanta degradazione popolare si nascondessero sotto una cornice di apparente prosperità » (Nitti).

    La città, dalle lontane origini greche, dal clima meraviglioso, dalla spensieratezza e dalle belle canzoni, la più popolosa d’Italia, quella che aveva conosciuto lo sfarzo spagnoleggiante e si distingueva per la raffinatezza della sua nobiltà, per la giovialità del suo popolo, per la straordinaria ricchezza di opere d’arte, per la magnificenza dei palazzi signorili e delle ville suburbane, rivelava d’un tratto le enormi miserie e la grande depravazione morale di larghi strati della popolazione e rendeva di pubblica ragione l’arretratezza della sua struttura urbanistica e l’urgenza di un rinnovamento.

    La strada che era parte della casa e della bottega del popolino, il quale lì cucinava, lì lavorava e commerciava, lì passava molte sue ore, ingombrandola con fornelli, ban-carole, tavole, doveva essere destinata ad altre importanti funzioni. Napoli avrebbe perduto in tal modo parte del suo folclore, che la fa ancora somigliare ad alcune città dell’oriente, ma si sarebbe avviata a diventare una città moderna.

    Furono il presidente del Consiglio di Ministri e il re stesso che vennero a rendersi conto della reale situazione dei quartieri bassi e si fecero promotori di un grandioso piano di risanamento e di sventramento di essi, alla cui realizzazione diedero preziosi contributi i parlamentari locali, il cardinale, il sindaco, scrittori e giornalisti.

     

     

    La legge per il risanamento della città di Napoli fu promulgata il 5 gennaio 1885, ma l’inaugurazione dei primi lavori avvenne il 12 giugno 1889: il notevole ritardo tra la promulgazione della legge e la fase di esecuzione dei progetti è da mettere in relazione con la complessità e la vastità del piano e con l’accuratezza con cui esso fu preparato.

    Il risultato della bonifica si sintetizza nelle grandi arterie che furono aperte e diventarono presto oggetto di ammirazione. Tra tutte merita di essere ricordato il Corso Umberto I, che porta dalla stazione ferroviaria a Piazza Bovio e che prese il nome dal re e continuò con Via Depretis fino a Piazza Municipio. I nomi del presidente del Consiglio, Depretis, del cardinale Sanfelice, del sindaco Amore e di altri autorevoli personaggi furono attribuiti alle nuove strade e piazze a duraturo riconoscimento dei loro meriti verso la città di Napoli.

    La ricorrenza delle epidemie coleriche fu messa sùbito in relazione con il pessimo funzionamento delle condotte cloacali nei quartieri più bassi e con l’inadeguatezza dell’acquedotto Carmignano, vecchio di oltre due secoli e ormai incapace di soddisfare le accresciute esigenze idriche della città. Il problema della costruzione di un nuovo acquedotto era già stato sollevato da qualche decennio e trovò attuazione dal 1881 al 1885 con la derivazione delle acque dalle sorgenti del Serino, essendo stati scartati altri progetti che prevedevano un potenziamento dell’acquedotto Carmignano con la derivazione delle acque dalle sorgenti di Piedimonte d’Alife.

    La città cominciava, quindi, verso la fine del secolo scorso non solo a trasformare la sua struttura urbanistica, contrastando il grande addensamento della popolazione nei quartieri bassi, che si era verificato nel corso del secolo e aveva portato a tanto squallore, ma ad espandersi fuori dell’antico nucleo su zone pianeggianti e collinari.

    effettuarono imponenti opere di colmata. Il piano di ampliamento, che pur con varianti è stato gradualmente attuato, prevedeva quasi il raddoppio dell’area della città e fu concepito con larghezza di vedute.

    Il contorno costiero veniva profondamente modificato in corrispondenza del porto e da questo a Mergellina, operando la colmata di vari specchi marini con i materiali derivati dalle demolizioni. E intanto si aprivano numerose cave e si producevano profondi squarci lungo le coste calcaree della Penisola Sorrentina, per estrarre la roccia da destinare a banchine, scogliere e frangiflutti. In tal modo il risanamento di Napoli produsse effetti benefici economicamente anche per le popolazioni della Costiera Sorrentina, dando lavoro per decenni a varie centinaia di persone, dato che i lavori per la ricostruzione degli edifici abbattuti e per l’ampliamento urbano si prolungarono per parecchi anni.

    Si entra così nel XX secolo, durante il quale altri massicci interventi straordinari sono stati fatti dallo Stato in favore della nostra città, per promuoverne l’industrializzazione, per potenziarne il porto e renderlo adeguato ai nuovi bisogni, in vista dello sviluppo del traffico passeggeri e in funzione dei rapporti nuovi instauratisi tra l’Italia

     

     

     

    e i suoi possedimenti africani, e per riparare i gravissimi danni subiti durante l’ultima guerra.

    Sorgono in tal modo i primi stabilimenti industriali nella zona di Fuorigrotta e si moltiplicano quelli della bassa piana del Sebeto, destinati a formare col tempo due importanti aree industriali, l’una gravitante intorno al centro siderurgico di Bagnoli e servita da un apposito porto, l’altra, molto più vasta, derivata dall’agglomerazione di svariate industrie (metallurgiche, meccaniche, chimiche, conserviere), tra le quali si distingue l’importante impianto di raffinazione del petrolio, che ha richiesto la graduale espansione del porto verso oriente, con la creazione della darsena dei petroli.

    Intanto la popolazione è continuata rapidamente ad aumentare nell’area urbana, che si è gradatamente allargata (885.212 ab. nel 1951) e ancor più nel territorio comunale attuale (743.941 ab. nel 1911; 831.781 nel 1931; 1.010.550 nel 1951 ; 1.182.815 nel 1961), che si è ampliato notevolmente nel 1926, quando ha assorbito i comuni limitrofi di Pianura, Soccavo, Chiaiano e Uniti, Secondigliano, Ponticelli, Barra e San Giovanni a Teduccio.

    La città si è quindi rapidamente estesa, risalendo le falde delle colline circostanti, da Poggioreale a Posìllipo, ricoprendo il Vòmero e zone adiacenti e il piano di Fuorigrotta, e traboccando fuori delle cerchie collinari per discendere nel cratere di Soccavo e sul versante settentrionale della collina di Capodimonte. Essa si è congiunta agli agglomerati di San Giovanni a Teduccio, di Pòrtici e di Resina, sta respingendo verso l’interno la zona ad orti, che le assicurava a basso prezzo prodotti freschi, con nuovi rioni residenziali e con estese aree industriali, e comincia a riversarsi su larga fronte verso la pianura di Capodichino e di Secondigliano fino a Ca-soria, a Casavatore ed oltre.

    Al forte aumento recente della popolazione dei quartieri alti e periferici (Vòmero-Arenella, 36.431 abitanti presenti nel 1921, 81.074 nel I951I34-9°6 nel 1961; Fuori-grotta-Bagnoli, 32.295 nel 1921, 57.963 nel 1951, 106.653 è corrisposta una

     

     

     

     

    riduzione di quella dei quartieri centrali (San Lorenzo, 147.784 ab. nel 1921; 122.356 nel 1951 ; 107.111 nel 1961). Malgrado tali sensibili riduzioni di popolazione, la densità rimane sempre altissima nei quartieri del vecchio nucleo urbano (San Lorenzo, 82.549 ab. per kmq. nel 1961; Pendino, 65.847), nei quali si fa sempre più urgente l’esigenza di un rinnovamento urbanistico e di un’ulteriore espulsione di abitanti verso zone più salubri.

    L’espansione recente della città è avvenuta spesso in modo caotico, perchè la speculazione privata ha avuto il netto sopravvento sugli interessi della comunità e sono stati frustrati i nobili tentativi per disciplinarla con regolamenti saggi e ponderati.

    per scarso senso di responsabilità dei tecnici che hanno presieduto alla realizzazione dei progetti. Basta citare tra tutti l’esempio del ricostruito quartiere dei Guantai, tra Piazza Municipio e la Posta, attraversato da strade relativamente strette tra palazzi altissimi, per giudicare il danno che la spregiudicatezza di pochi speculatori privati ha prodotto alla città.

    L’ampliamento dei quartieri alti, con il conseguente aumento della popolazione, avrebbe richiesto la costruzione di larghe arterie stradali, ma non essendosi ciò verificato, i rapporti con la città bassa sono diventati sempre più difficili in questi ultimi anni. La deficienza dei collegamenti tra il Vòmero e il centro di Napoli produce ingorghi e blocchi alla circolazione urbana, che tendono a diventare sempre più frequenti e più gravi, con l’aumento delle automobili, e a paralizzare il traffico nelle ore di punta.

    Il problema dei collegamenti tra i quartieri bassi e quelli alti rimane uno dei più urgenti da affrontare e da risolvere per la città di Napoli, dato che le funicolari non possono sostituirsi alle strade normali, pur svolgendo una loro importantissima funzione.

    Assai difficile è anche il traffico di scorrimento e di transito, che è smaltito da due strade di differente capacità. La Metropolitana e la Cumana contribuiscono efficacemente a ridurre il disagio e il tempo del viaggio in senso estovest, ma l’eccessiva distanza tra le loro stazioni e l’unicità delle linee richiamano masse limitate di viaggiatori. Una soluzione starebbe nella costruzione di una linea metropolitana sotto il Rettifilo con prolungamento fino a Fuorigrotta, come nell’ampliamento ulteriore della litoranea a danno del mare e di spazi inutilizzati del porto, in modo da consentire su di essa il traffico nei due sensi.

    Nella vasta area urbana della metropoli partenopea si possono riconoscere vari quartieri, che si distinguono per diverse funzioni e caratteristiche formali e strutturali.

    tal quale specializzazione (librerie a Via Mezzocannone, oreficerie a Via San Biagio dei Librai).

     

     

     

    Il nucleo storico della città si salda, ad occidente, con il nuovo quartiere amministrativo, commerciale e turistico intorno alla bellissima Piazza Municipio, dove hanno sede banche, uffici, teatri, alberghi, monumenti ed eleganti negozi, e, ad oriente, con quello commerciale intorno a Piazza Garibaldi, dove converge la maggior parte del traffico stradale e ferroviario, si contano numerosi alberghi e pensioni, importanti negozi all’ingrosso e al minuto, sono ubicati grandi e piccoli mercati e si effettuano contrabbandi e commerci leciti e illeciti.

    Tra il Rettifilo e il porto sorge un quartiere piuttosto popolare, che può offrire ancora scorci caratteristici di Napoli della fine del secolo scorso e si raccoglie intorno alla Chiesa del Carmine e alla Piazza del Mercato. Esso è in corso di rinnovamento, ma conserva ancora copiose tracce delle distruzioni subite durante la guerra e parecchie baracche dei senzatetto. Ha anche una considerevole importanza commerciale.

    Alla base delle colline di San Martino e di Capodimonte si estendono altri quartieri, in cui non mancano interessanti palazzi, ma in cui le strade, pur regolari, sono piuttosto strette e interrotte da gradinate. In essi abita larga parte del popolino napoletano. In questa parte della città, come nei quartieri del vecchio centro urbano, non mancano strade di notevole interesse, per l’abbondante biancheria sciorinata all’aria e per i piccoli commerci.

    lari caratteristici e dove si sono andati allineando, sulla zona litoranea e in aree di colmata, grandi alberghi, pensioni, ristoranti e ritrovi notturni e diurni.

    Nella piana di Fuorigrotta e di Bagnoli si è formato, in età diverse, un popoloso quartiere, che è abitato da persone appartenenti ai più svariati ceti sociali e tende a diventare autonomo. Esso ha una grande importanza industriale, per la presenza del principale stabilimento siderurgico del Mezzogiorno e di altre considerevoli industrie, e sembra destinato ad assumere anche funzioni culturali con il trasferimento nella zona di alcune facoltà universitarie. E inoltre sede di un grandioso campo sportivo e del complesso della Mostra d’Oltremare. Il contrasto tra edilizia e attività economiche in questa zona flegrea è particolarmente evidente, in quanto le case sono abitate per lo più da persone che non lavorano nelle industrie vicine e lo sviluppo del quartiere non è avvenuto in modo equilibrato e con lo scopo di coordinare le esigenze delle industrie e quelle di insediamento, di svago e di riposo dei loro dipendenti.

    Sul ripiano del Vòmero si è formato un vasto quartiere residenziale, anch’esso autonomo, che conta oltre un centinaio di migliaia di abitanti e si espande sulle colline circostanti, verso Capodimonte e il fondo del cratere di Soccavo, con tendenza a congiungersi con l’area urbana di Fuorigrotta e di Capodimonte.

    Salerno.

    Salerno è la seconda città della Campania, dopo Napoli, e una delle più belle e importanti dell’Italia meridionale, vanta origini antiche e fama medioevale ed ha conosciuto negli ultimi decenni uno straordinario sviluppo. Si allunga per alcuni chilometri sulle sponde settentrionali del suo golfo, su un’esile zona tra il mare e le montagne o le colline prossime alla costa; gode di una posizione molto favorevole dal punto di vista climatico e si inserisce magnificamente in un paesaggio che le componenti naturali rendono già da sole di eccezionale bellezza.

    Da un lato il blocco calcareo-dolomitico, che si incunea tra i Lattari e i Picentini e precipita direttamente al mare col Monte San Liberatore, si può considerare la continuazione dell’aspra costiera amalfitana fino a Salerno, dall’altro le appendici terziarie dei Picentini si approssimano alla costa, lasciando, però, spazio sufficiente all’espansione urbana da poco iniziata. Al centro, tra la montagna dolomitica e le

    colline argillose, si apre il solco vallivo dell’Imo, importantissima via naturale di penetrazione dal mare verso l’interno, per dove passavano dai tempi antichi fino a non molti decenni addietro le principali vie di comunicazione tra Napoli e le regioni meridionali. La valle dell’Imo è molto stretta, ma ha una notevole asimmetria tra i due versanti; essa si allarga un po’ di più verso il mare e presenta ai lati lembi di terrazze su banchi di conglomerati, che interrompono la regolarità del pendio ed hanno agevolato l’allargamento dell’area urbana.

    La montagna di San Liberatore, che si innalza con pareti precipiti tra Vietri e Salerno, continua verso oriente con rilievi più bassi e meno acclivi, uno dei quali è particolarmente importante (263 m.) per i resti del castello e per le mura che lo collegavano alla città medioevale.

    soggetta la zona ad alluvioni per le abbondanti precipitazioni, che cadono sulla cerchia dei monti Lattari e Picentini. La città gode, però, di buone condizioni climatiche perchè è ben protetta contro i venti freddi continentali ed ha una esposizione verso sud e verso il mare, del quale risente notevoli benefìci sia d’inverno che d’estate. Infatti la temperatura media del mese più freddo si aggira intorno a io0 e i minimi termici solo eccezionalmente risultano inferiori a o°; d’altra parte la media del mese più caldo supera di poco i 25° e le punte massime non sono eccessive. La città è molto ventilata, sia in inverno per il prevalere dei venti occidentali, talvolta anche piuttosto violenti, sia in estate per il periodico spirare delle brezze marine.

     

     

     

    Salerno è lo sbocco naturale di una regione interna, vasta ma poco sviluppata economicamente, ed è sulla grande direttrice tirrenica del traffico che si svolge tra l’Italia meridionale e quella centro-settentrionale. Importanti strade rotabili e ferrate ne attraversano l’area urbana per tutta la sua lunghezza e creano difficili problemi per i

    rapporti tra i quartieri a monte e quelli a valle della linea ferroviaria: l’intensissimo traffico che giorno e notte si svolge su di essa disturba moltissimo la tranquillità della città e il sonno dei suoi abitanti, e ancor più dei suoi poco assuefatti ospiti.

    Salerno ha origini romane, sebbene pare sia sorta presso un più antico insediamento (Ima), dal quale sarebbe derivato il nome della città e del fiumicello che ora l’attraversa. Le recenti scoperte archeologiche presso Fratte, nella valle dell’Imo, provano appunto l’esistenza di un centro etrusco-campano, dal quale deriverebbero le monete con le iscrizioni che la ricordano. La sua fondazione risale al 197 a. C. e si ricollega all’iniziativa romana di creare colonie marittime lungo il litorale campano e lucano. Salerno fu una di esse ed ebbe fin dall’origine due funzioni, una agricola con la coltivazione delle terre circostanti e una marinara con la pesca costiera ed il commercio.

    Il centro romano ebbe piccola estensione e si formò ai piedi della collina su cui sorse poi il castello medioevale intorno ad un Decumamis Maximus, orientato nel senso estovest, il quale metteva capo alla Porta Nocerina e alla Porta Rotense ed era tagliato dal Cardo maximus che aveva inizio alla Porta Marina presso il mare. I due assi

    principali di Salerno antica sono ricalcati dalle attuali vie Torquato Tasso e dei Canali.

    La città romana rimase circoscritta entro ristretti limiti, anche se subì nei primi secoli dopo Cristo un’espansione verso il mare e verso oriente; ma ebbe una non trascurabile importanza economica, a giudicare dai resti dei suoi monumenti e dalle opere di fortificazione.

    Le invasioni barbariche non le apportarono gravi danni, anzi il suo inserimento nel dominio longobardo (625) per opera di Arechi I, che sottrasse ai Bizantini il litorale salernitano, contribuì a far assumere a Salerno una notevole importanza commerciale e militare. Esso divenne il principale porto del ducato longobardo, il quale non riuscì mai ad occupare Napoli e fu collegata con l’interno attraverso quel solco naturale tra la media valle del Calore Irpino e il Golfo di Salerno, costituito dalle valli dell’Imo, del Solofrana e del Sàbato.

    Con la trasformazione del ducato in principato sotto Arechi II (774), Salerno fu fortificata con un castello, di cui si conservano imponenti ruderi sulla cima del colle che la sovrasta, e con una cerchia di mura, visibili lungo le generatrici del monte

     

     

     

    del castello, e fu arricchita di case signorili, di un palazzo principesco e di molti edifici. Dal secolo Vili incomincia, infatti, lo splendore di Salerno, che continuerà per vari secoli, e specialmente dopo lo smembramento del dominio longobardo e la formazione del principato salernitano, il quale si estendeva dalla valle del Garigliano fino al Golfo di Policastro e al Mare Ionio e conservò una grande importanza politica anche dopo il distacco di Capua, grazie all’accorta politica dei suoi prìncipi.

    Arechi elesse la sua residenza a Salerno e vi trasferì la Corte, vi creò un’accademia di eruditi, promuovendo gli studi filosofici e letterari. Sono dei suoi tempi, o di poco posteriori, le origini della Scuola Medica Salernitana, celebre istituzione medioevale per lo studio e per la diffusione della scienza medica, che vantò illustri cultori, le cui opere furono divulgate e apprezzate in tutta l’Europa nel Medio Evo, prima che fosse oscurata dall’Università di Napoli. Tale istituzione continuerà poi a rimanere in vita fino agli inizi del secolo scorso, finché non fu soppressa dal Murat nel 1812.

    Vedi Anche:  Condizioni climatiche tipi di tempo vegetazione e fauna

    L’epoca di maggiore fortuna per Salerno va dal secolo X al secolo XIII, quando si impegnò con successo nella lotta contro i Saraceni ed estese il suo dominio per un certo tempo a tutta la Penisola Sorrentina e a Capua. I prìncipi Guaimario IV e V furono nel secolo XI i grandi artefici della sua fortuna politica ed economica: la città si abbellì e si arricchì di edifici pubblici e privati, di chiese e di conventi. Nè la caduta dei prìncipi longobardi arrestò il suo sviluppo, perchè Roberto il Guiscardo, cognato e successore di Gisulfo, vi si insediò come capo di uno Stato più grande e più potente.

    Salerno assurse allora (1077) a capitale dell’Italia meridionale, che era quasi tutta sotto il controllo dei Normanni e conobbe un periodo di ulteriore splendore per il fasto della Corte normanna, per i progressi degli studi sacri e profani, per la fama della sua scuola medica, per l’attivarsi dei commerci e per lo sviluppo dell’artigianato e di alcune attività industriali, sicché la città, in piena floridezza e in grande splendore di vita, potè accogliere la nuova classe dirigente senza grandi scosse e favorire l’amalgamarsi della sua eterogenea popolazione. Allora si poneva mano alla costruzione del più importante monumento della città, che è costituito dal Duomo.

    Nel secolo XII l’area urbana di Salerno era quasi doppia rispetto a quella dei primi secoli dopo Cristo. La città era cinta di mura ed aveva buoni collegamenti stradali con Avellino, Benevento e Napoli, con Potenza e con Cosenza.

    Col trasferimento della capitale prima a Palermo e poi a Napoli comincia la fase discendente di Salerno, che durerà fino al secolo XVIII, se si eccettuano temporanei risvegli. E intanto si formano a breve distanza altri centri cospicui, quali Cava e Rota (Mercato San Severino), che si distinguono l’uno per le iniziative religiose, l’altro per il potere laico e raggiungono in alcuni periodi una posizione anche più importante di Salerno.

    Dal XII al XVIII secolo gli ampliamenti dell’area urbana sono stati molto pochi e si sono limitati alle parti sud-orientali e nord-occidentali del perimetro urbano, sempre ben definito dalla cerchia delle mura, al di fuori delle quali si andava formando solo qualche monastero o qualche nucleo rurale. Le mura partivano dal castello posto sulla collina che sovrasta la città e scendevano lungo i fianchi di essa, divaricandosi, fino a racchiudere tutto l’abitato urbano. Nella città l’artigianato continuò ad avere una certa importanza e le fiere erano abbastanza frequentate, mentre nella valle dell’Imo si sviluppava l’industria dei laterizi (tegole) e della ceramica, che ha origini antiche ed è florida tuttora, grazie alla presenza di estesi banchi di argille. Anche il porto era abbastanza frequentato, per la lentezza e la limitata capacità di trasporto dei mezzi terrestri.

    superiore rispetto a quella dei tempi antichi. Successivamente ci sarà una lenta ripresa demografica che farà salire a 9000 circa i suoi abitanti alla fine del secolo XVIII. Il decremento della popolazione dal Medio Evo ai primi secoli dell’età moderna e la stazionarietà successiva valgono a spiegarci anche la trascurabile espansione topografica della città.

    Negli ultimi due secoli, invece, si registra il grande sviluppo demografico e urbano di Salerno: la sua popolazione passa a 22.509 ab. nel 1881, a 27.023 nel 1901, a 40.668 nel 1931, a 72.623 nel 1951, mentre quella del comune si è quadruplicata nel corso dell’ultimo secolo (26.528 ab. nel 1861: 30.771 nel 1881; 42.315 nel 1901; 60.969 nel 1931; 90.753 nel 1951 e 117.633 nel 1961). L’incremento demografico dell’ultimo quarantennio è veramente straordinario e dipende dalla valorizzazione agraria della Piana del Sele, oltre che dallo sviluppo industriale, commerciale, culturale e turistico del territorio comunale di Salerno e dei comuni viciniori. Esso è dovuto in minima parte all’incremento naturale della sua popolazione e in misura maggiore all’apporto di notevoli correnti immigratorie dal Salernitano e dalle province limitrofe.

    Nel secolo XIX la città si amplia lungo il mare, fuori delle mura in via di demolizione e comincia a manifestare la tendenza ad espandersi a nastro nella zona costiera, ai lati della grande arteria che collega Napoli con la Calabria; ma mentre verso nordovest le case fiancheggiano la strada quasi ininterrottamente, verso sudest esse si diradano ed assumono la forma di grandi fabbricati per usi industriali.

    Nella seconda metà del secolo si costruisce una parallela al Corso Garibaldi, corrispondente al tratto urbano della strada per la Calabria, cioè Corso Vittorio Emanuele, che costituisce la continuazione dell’importantissima arteria urbana medioevale di Via dei Mercanti fino alla stazione ferroviaria, che è stata costruita fuori della città all’inizio del nostro secolo, durante il quale ha luogo la vera grande espansione urbana di Salerno, col forte aumento della popolazione e in particolare con la valorizzazione agraria della Piana del Sele. Infatti la città ai primi del Novecento era compresa per la massima parte tra la Via delle Calabrie, il solco della linea ferrata e Via Velia e si allungava verso occidente ai lati di Via Indipendenza. Salerno occupava un’area pari a meno della quarta parte di quella attuale e aveva vie strette e tortuose; ma nel giro degli ultimi decenni è assurta al rango di grande città, non solo per il numero degli abitanti, ma anche per l’importanza economica raggiunta.

    La creazione della stazione ferroviaria è contemporanea all’impianto di grandi stabilimenti industriali (cementificio, pastificio) presso il corso dell’Imo, cioè fuori della città quasi a continuare fino al mare la zona industriale della sua valle. L’espansione urbana è stata superiore a tutte le previsioni, perchè la città non solo ha superato il solco della linea ferrata, ricoprendo i terrazzi alluvionali alla destra dell’Imo e risalendo le pendici dei monti; ma ha raggiunto gli impianti industriali, occupando tutta la zona pianeggiante costiera, ha superato il cementificio e il promontorio calcareo a sud di esso, spingendosi fino a Mercatello e a Pàstena nel giro di pochi anni. La guerra ha dato una ulteriore spinta al rinnovamento edilizio; nè lo sviluppo urbanistico accenna a diminuire, perchè, oltre ad espandersi, Salerno tende a mi-

    gliorare le sue strade, i suoi viali ed i suoi edifici. Essa vanta un lungomare che non teme confronti con quelli delle altre città d’Italia, per la ricchezza dei giardini e per il gusto col quale sono stati disposti alberi ed aiuole, per la sua lunghezza, per la cornice dei monti che precipitano fin sulla costa, per l’azzurro del mare e del cielo e per la nitidezza straordinaria delle assolate giornate invernali.

    Salerno è il capoluogo di una vasta provincia, che si spinge dalle falde del Vesuvio fino al Golfo di Policastro, ma occupa in essa una posizione molto eccentrica, sebbene si trovi nella parte più attiva economicamente, è un notevole centro culturale in quanto sede di un buon numero di scuole tecniche e classiche, che accolgono oltre 10.000 studenti, ed è inoltre sede universitaria e meriterebbe di ospitare altre facoltà — lo ripetiamo — se non altro per alleggerire l’Università di Napoli; è im-

    portante centro di transito e di irradiazione di numerose vie automobilistiche, che superano anche i limiti provinciali. D’altra parte l’attrezzatura industriale è ancora limitata e le attività commerciali non molto sviluppate.

    Nel dopoguerra molte famiglie sono affluite in città dove hanno impiegato i risparmi o i guadagni, in parte realizzati durante la guerra, molti proprietari terrieri l’hanno preferita alla campagna, molti impiegati e liberi professionisti vi si sono insediati in sèguito all’aumento degli uffici e delle scuole, molti operai ed artigiani vi si sono trasferiti per la facilità di trovarvi lavoro. La valorizzazione della Piana del Sele, con la diffusione di colture nuove, con l’aumento della popolazione e con la creazione di vari stabilimenti industriali, ha giovato anche all’economia del capoluogo, in cui la popolazione inattiva è però doppia di quella attiva.

    attraversata da due strade di grande comunicazione, fiancheggiate da parchi, da filari di alberi e dal magnifico lungomare, costruito in parte su un’area sottratta al mare per colmata. Su tali strade danno numerosi uffici, alberghi, ristoranti e negozi vari, parecchie ditte commerciali, e qualche stabilimento industriale. E questa una zona con funzioni prevalentemente amministrative, commerciali e turistiche o da diporto, dove nelle sere estive si viene a godere il fresco sul mare e nelle giornate serene e senza vento dell’inverno si portano a passeggio i bambini e si prende il sole sdraiati sulle panchine.

     

     

     

    Essa si sviluppa linearmente tra il porto e la stazione ferroviaria e si amplia un po’ di più in corrispondenza di Piazza Amendola e della Villa Comunale, intorno a cui si trovano il Municipio, la Prefettura ed il Teatro Verdi. Gli uffici e le scuole, oltre che nella zona litoranea e nel vecchio nucleo urbano, si distribuiscono in parte lungo la Via dei Principati, la quale si innesta perpendicolarmente al Corso Garibaldi e convoglia in città la maggior parte del traffico che proviene dall’autostrada, inaugurata nel i960, prolungata già fino a Battipaglia e destinata a raggiungere Reggio Calabria tra qualche anno.

    Il nuovo quartiere tra l’Imo e la città vecchia ha funzioni essenzialmente residenziali ed accoglie nel suo seno il campo sportivo. Esso ha una struttura piuttosto regolare, non è privo di spazi verdi e presenta edifici abbastanza sviluppati in altezza. È di formazione in gran parte recente e continua verso sud nella fascia litoranea per oltre due chilometri, al di là della zona industriale, fino a Mercatello ; ma questa parte della città è la più recente ed ancora in corso di sistemazione, specie lungo il mare, dove una spiaggia continua richiama, in estate, un gran numero di bagnanti. E già accoglie alcuni notevoli stabilimenti industriali.

    La zona industriale, un tempo fuori della città, è venuta ad innestarsi in essa, perchè si sviluppa nella valle dell’Imo, tra Fratte ed il mare. L’industria principale è il cementificio creato presso la costa nel 1911, che si rifornisce di dolomia da una cava presso Ogliara, ma notevole importanza vi assumono anche le industrie alimentari e quelle dei laterizi e della ceramica, accanto ad altre attività manifatturiere (cotone, tabacco). Tra tutte, più antica tradizione vantano le industrie dei laterizi e della ceramica, che sono connesse con la presenza dell’argilla (Bri-gnano, Rùfoli) e risalgono al Medio Evo. Embrici, piatti ed altri utensili domestici venivano venduti fin da allora nelle fiere locali e portati via mare nei centri del litorale tirrenico, mentre i prodotti della ceramica di pregio hanno cominciato ad acquistare fama dal secolo XVII.

    la vicinanza di quella amalfitana; è sede di numerose scuole primarie e secondarie e non può non aspirare a diventare un centro di studi universitari, se solo si considerino l’importanza e la posizione della città nell’Italia meridionale.

    Caserta.

    Tra i capoluoghi di provincia della Campania Caserta si distingue per le origini recenti e per le particolari vicende del suo sviluppo. La fondazione della città è da attribuire alla volontà di Carlo III di Borbone, il quale fu il primo sovrano del Regno di Napoli, dopo il lungo periodo viceregnale, e promosse l’attuazione di grandiose opere in Campania, durante la sua permanenza sul trono di Napoli, come successivamente in Spagna, quando fu chiamato a reggere le sorti di quel paese nel 1759.

    Caserta era destinata ad essere principalmente la residenza del re, della Corte, del governo e di cospicua truppa, e quindi ad assolvere le stesse funzioni che in

    Francia, in Germania e altrove svolgevano varie città artificiali, come, ad esempio, Versailles e Karlsruhe, sorte l’una nella seconda metà del secolo XVII, l’altra agli inizi del successivo, intorno ad un palazzo reale e ad un magnifico parco con lo scopo precipuo di essere residenza temporanea o definitiva degli organi di governo.

    Essa, pertanto, non è unica nel suo genere, ma trova diversi modelli in altre parti di Europa, sebbene si distingua per la straordinaria bellezza del suo parco, che sale sui Tifata in una cornice di cielo azzurro e luminoso, e per la sobria e solenne architettura della Reggia, traforata da una triplice serie di archi, cui fan da sfondo da un lato il verde del bosco e dei prati e spumeggianti cascate, dall’altro le chiome dei platani maestosi sulla strada per Napoli.

    Caserta sorge nell’alta pianura permeabile tra i Regi Lagni e il Volturno, alla base dei Monti Tifata, che la proteggono dai venti freddi settentrionali, è centro di irradiazione di numerose vie di comunicazione con Napoli e con le principali città della pianura ed ha agevoli collegamenti stradali e ferroviari con la valle del Volturno, con la conca di Benevento, con il Molise e con la Capitanata, attraverso i solchi vallivi e i valichi dell’Appennino.

    determinò la fondazione. A nord si innalza la cerchia dei Tifata, monti calcarei rivestiti alla base da uno spesso mantello di terreni piroclastici e alluvionali, su cui crescono floride colture legnose e qualche lembo di bosco; a sud si apre il fertile Piano Campano, intensivamente coltivato.

     

     

     

    La città si è sviluppata a metà strada tra Santa Maria Capua Vètere e Maddaloni, in una zona salubre cosparsa di numerosi agglomerati, che è da annoverare tra le più popolose d’Italia sin dai tempi più antichi, ed ha sostituito come capoluogo politico-amministrativo della pianura Capua Vètere e Capua medioevale. Essa si è formata ad oriente della reggia del Vanvitelli e del suo magnifico parco, a partire dal 1752, anno al quale risale l’inizio dei lavori del celebre edificio.

    Il progetto originario prevedeva la costruzione della città a sud della Reggia, la quale sarebbe stata il centro di irradiazione di cinque viali, di cui il principale perpendicolare alla facciata della Reggia avrebbe avuto la continuazione verso i Tifata nel grandioso viale delle cascate, che porta alla collina di San Silvestro. La mancata realizzazione del pristino progetto ha conseguentemente tolto alla Reggia la funzione di cuore della città e di centro di convergenza delle strade, ma il triplice viale dominato dalle chiome di quattro filari di platani eccelsi ne rivela la grandiosità e preannunzia la imponenza delle opere regali, costituendo un esempio unico nel suo genere nel mondo intero e meritando un’adeguata protezione.

    Caserta prese il nome da un vecchio centro medioevale sulle falde dei Tifata, che aveva avuto una storia non ingloriosa, come testimoniano le torri del castello semidiruto, il campanile e l’interessante tiburio romanico della Cattedrale (secoli XII-XIII). Esso è di fondazione longobarda ed è considerato uno dei centri medioevali meglio conservati dell’Italia meridionale ed è stato perciò valorizzato turisticamente in questi ultimi tempi. Conobbe una notevole floridezza dal secolo IX, quando divenne sede vescovile in seguito alla distruzione di Calatia operata dai Saraceni. Col ripopolamento del piano e col trasferimento della sede vescovile a Falciano (secolo XV), Caserta Vecchia iniziò la sua lenta decadenza, che è continuata sino ai nostri giorni.

    Nella zona pedemontana dei Tifata, oltre a Falciano, sorgevano nel secolo XVIII parecchi altri villaggi, tra i quali si deve ricordare quello detto Torre che, formatosi intorno al palazzo baronale dei Gaetani, ospitava altre illustri famiglie ed era noto per i frequenti mercati e fiere che vi si celebravano. La Reggia ed il parco furono costruiti sulle terre dei Gaetani, già ad essi confiscate nel 1735, perchè nemici dei Borboni e legati all’Austria. Il loro palazzo esiste tuttora sulla Piazza Vanvitelli ed è sede della Questura e della Prefettura di Terra di Lavoro.

    La creazione dei siti reali richiamò nel vecchio villaggio un certo numero di persone e ne determinò lo sviluppo, tanto che alla fine del secolo XVIII accoglieva oltre 5000 abitanti e ai primi del secolo successivo si avvicinava a diventare città e poteva vantare motivati diritti per assurgere a capoluogo di provincia. Il riordinamento amministrativo napoleonico assegnò questo privilegio a Santa Maria Maggiore, che era sorta sulle rovine dell’antica Capua; ma i Borboni al loro ritorno non furono insensibili alle richieste della loro città prediletta e nel 1818 la dichiararono capoluogo della vasta provincia di Terra di Lavoro, che si estendeva dal confine dello Stato Pontificio fin quasi alle porte di Napoli.

    La nuova funzione amministrativa sarà uno stimolo allo sviluppo demografico e urbanistico della città, che si era formata ad oriente della Reggia, ai lati dell’importante strada che porta a San Lèucio e nella media valle del Volturno e del Calore. La stazione ferroviaria e la linea ferrata, costruite nel 1843, costituiranno un ostacolo insormontabile verso sud, per cui la città sarà costretta ad espandersi verso est con l’aumentare della sua popolazione (9789 ab. nel 1843; 12.193 nel 1866).

    Il tratto urbano della Via Appia (Corso Trieste attualmente) costituiva una buona direttrice di sviluppo per la città. Accanto al nucleo urbano più vecchio, caratterizzato da vie strette e tortuose, da case basse e disadorne, tra le quali si distinguono pochi edifici di maggiore mole, si va formando un nuovo quartiere più regolare e più bello ai lati del corso, al quale si innestano perpendicolarmente varie contrade e sul quale comincia a svolgersi un traffico di crescente intensità.

    lare, che conserverà nella successiva sua espansione e ingloberà parecchie aree verdi tra i fabbricati, i quali sono allineati a catena ininterrotta lungo le strade, ma conservano nel loro seno vasti androni e atrii. Il suo tessuto urbanistico ha una struttura tipicamente campana, in quanto costituito da cellule che hanno per centro una corte. Le facciate dei fabbricati ai lati delle strade sono interrotte al pianterreno da alti portoni, che consentono l’accesso ad atrii o cortili interni, alleggiadriti da statue e da piante ornamentali, o a veri giardini di agrumi e di altri alberi da frutta, in cui trovano posto anche aiuole e vialetti incorniciati dai festoni delle piante ornamentali o dai tralci delle viti.

     

     

     

     

    Sebbene lo sviluppo più recente abbia sottratto all’area urbana alcune macchie di verde, Caserta conserva una spiccata personalità campana, assunta nel secolo scorso e nei primi decenni del nostro, ma alterata negli ultimi tempi da una architettura troppo aderente ai rigidi schematismi e spesso insensibile al richiamo della tradizionale arte costruttiva, che invece andrebbe rispettata, quando i suoi prodotti rivelano un grande equilibrio nelle forme e nelle strutture e risultano armoniosamente inseriti nell’ambiente.

    Caserta, dopo l’unificazione d’Italia, ha attraversato ovviamente un periodo di crisi e, come Napoli, ha cessato di essere residenza reale, ma si è ripresa abbastanza presto, potenziando maggiormente la sua funzione amministrativa e quella militare. L’antica piazza del mercato, detta Vanvitelli, diventa il cuore della città, la quale si arricchisce di caserme, di scuole militari e di edifici adibiti ad usi militari o abitati da appartenenti alle forze armate. Una vasta piazza, più ad oriente della precedente, diventerà il nuovo mercato della città e richiamerà intorno ad essa parecchie attività commerciali ed artigianali.

    L’espansione topografica, nel nostro secolo, è avvenuta verso nord e verso est, per cui la città si è allontanata sempre più dalla Reggia, assumendo una pianta quadrangolare, delimitata a sud dalla linea ferrata, ad est da zone militari, ad ovest dalla Reggia e dal parco. La sua popolazione risultava di 18.539 ab- nel 1911 e di 21.762 nel 1921. La soppressione della provincia di Terra di Lavoro nel 1927 ha danneggiato la città, in seguito al trasferimento a Napoli degli uffici e di una parte dei suoi impiegati; ma nel dopoguerra, con la ricostruzione della provincia soppressa, si è avuta la ripresa dello sviluppo topografico e demografico di Caserta, la quale è passata da 23.836 ab. nel 1931 a 30.375 nel 1951. La popolazione del comune attuale era di 34.605 ab. nel 1911 ed è aumentata a 39.832 nel 1931, a 44.599 ab. nel 1951 ed infine a 50.381 nel 1961, con un incremento abbastanza considerevole.

    La città, oltre ad ampliarsi, si è rinnovata internamente, specie tra la ferrovia e Piazza Dante e ai lati della Via Battisti, dove sono sorti vari uffici e qualche albergo. Nè del tutto trascurata è stata l’attrezzatura industriale, sebbene assuma a Caserta importanza secondaria, ma è possibile riconoscere la tendenza delle industrie ad installarsi nella parte sud-orientale della città e ad ovest della Reggia, ai lati della Via Appia. La linea ferrata separa gli stabilimenti industriali della città dai mulini e pastifici di San Benedetto, che risalgono al 1898, ed ostacola l’assorbimento di questo centro nell’area urbana di Caserta. Lunga tradizione vanta l’industria della seta nei suoi sobborghi settentrionali (San Lèucio, Sala), dove si contano una decina di opifici serici di media grandezza.

    Un cavalcavia ha reso più agevoli i collegamenti con Napoli ed ha favorito l’impianto del tabacchificio e la costruzione di fabbricati residenziali a sud della ferrovia. Anche la Via Appia, ad occidente della città, ha cominciato ad esercitare una certa attrazione sulle industrie nascenti e sulle civili abitazioni.

    A Caserta conservano notevole importanza le attività commerciali ed artigianali (sartorie, falegnamerie, calzolerie), intese a soddisfare soprattutto le esigenze della popolazione urbana, che ha un tenore di vita piuttosto elevato, per essere costituita in prevalenza dalle famiglie di impiegati e di militari (oltre il 50%).

    Le attività commerciali si addensano prevalentemente intorno alla pittoresca piazza del mercato (Matteotti), sul Corso Trieste e sulla Via Mazzini, che porta da Piazza Dante a Piazza Vanvitelli, con prolungamento fino alla stazione ferroviaria. Il Viale Ellittico, davanti alla Reggia, costituisce il centro di smistamento di alcune decine di linee automobilistiche, che collegano Caserta con Napoli e con numerosi centri della provincia e presenta una grande animazione: da essa partono e in esso arrivano oltre 15.000 persone al giorno e discrete quantità di merci.

    del comune di Caserta, ad occidente del parco, dove si trovano un piccolo campo di aviazione e l’ospedale militare; quella ad est si estende fino a Falciano con la Piazza d’Armi, il terreno per le esercitazioni delle truppe corazzate e alcune caserme; quella a nord è destinata alle truppe corazzate e alla polizia scientifica.

    Caserta sta ulteriormente differenziando la sua economia in questi ultimi anni, in quanto alle funzioni prevalenti, amministrativa e militare, se ne associano altre di non secondaria importanza, come quelle commerciale, culturale, religiosa, industriale e turistica. La Reggia con il parco richiama annualmente alcune centinaia di migliaia di visitatori, che potrebbero apportare sensibili benefici economici alla città, se il loro soggiorno in essa fosse più lungo e piacevole e se la visita non si limitasse solo ai siti reali.

    che attraversa la Valle di Maddaloni, tra Monte Longano e i Tifata, su un grandioso ponte-canale a triplice ordine di archi sovrapposti, anch’esso opera del Vanvitelli, costruito tra il 1753 e il 1759.

    Caserta è una città in sviluppo, sebbene le direttrici di espansione lascino in una posizione marginale le grandi opere che la rendono famosa, si giova della sua favorevole posizione all’incrocio di importanti vie di comunicazione e, per quanto periferica nel territorio provinciale, risulta abbastanza centrale rispetto alla parte più fertile e più vitale di esso.

    Avellino.

    Storia antichissima e tormentata ha la città di Avellino, capoluogo dell’Irpinia, che sorge ad oltre 300 m. s. m., al centro di una conca molto rigogliosa, cinta in gran parte dagli imponenti massicci calcarei del Partenio e dei Picentini e, sul lato orientale,

    da minori dorsali terziarie, che si ricollegano per costituzione e morfologia alla catena spartiacque dell’Appennino.

    La valle del Sàbato attraversa questa conca con direzione meridiana e costituisce una naturale via di comunicazione per i collegamenti tra la conca di Benevento e la valle del Sarno e dell’Imo. Essa si presenta a tratti molto stretta, mentre si amplia di tanto in tanto in bacini, in corrispondenza di antichi laghetti pleistocenici, colmati poi con terreni alluvionali e vulcanici e successivamente incisi dai corsi d’acqua in via di ringiovanimento, dalla cui azione erosiva sono derivate terrazze fluviali e speroni. Il principale di tali bacini è quello che si trova in corrispondenza di Atripalda e di Avellino, in quanto all’incrocio di un’altra direttrice naturale per i collegamenti estovest, attraverso agevoli valichi, che permettono di passare nell’alta valle del Calore e nella pianura nolana.

    In questa conca dove convergevano tanto importanti vie naturali, percorsa dall’Uomo fin da età assai remote, si venne a formare per tempo un centro abitato, il quale aveva funzione rurale e commerciale e occupava un luogo piuttosto stabile e adatto alla difesa, cioè un banco di tufo vulcanico cementato, inciso su più lati da solchi vallivi profondi.

    Il nucleo originario della città degli Abellinati, come erano chiamati dai Romani gli Irpini della valle del Sàbato, sorse appunto su una terrazza fluviale tufacea, nel triangolo di confluenza del Sàbato e del Rigatore, suo affluente di sinistra, presso l’odierna Atripalda. Il sito fu prescelto anche da una colonia romana, che vi fu trasferita nel 121 a. C. e formò Yoppidum, che prese il nome di Abellinum. Questo era difeso naturalmente dalle alte ripe che delimitavano il piccolo altopiano e in parte da mura, di cui si conservano i resti. Era quindi un centro fortificato sulle grandi arterie del traffico, che si svolgeva tra la Campania, il Sannio e la Puglia, e in particolare sulla Via Appia.

    Esso continuò ad avere una certa importanza fino alla caduta dell’Impero Romano e alla conquista ostrogota e bizantina, ma poi cessò definitivamente di esistere per le distruzioni subite ad opera dei Longobardi e per l’abbandono degli ultimi abitanti, che si rifugiarono su una collina vicina. Il luogo occupato da quell’antica cittadina ne tramanda ai posteri il ricordo con le sue rovine e attraverso il toponimo civita, col quale è indicato tuttora. Presso quelle rovine cominciò a formarsi nel secolo XI Atripalda.

    I Longobardi preferirono sostituire a quell’antico agglomerato di fondovalle, abbandonato e semidistrutto, il nuovo centro in formazione sulla collina, su cui si erano rifugiati gli ultimi abitanti di Abellinum. Questa collina è uno sperone di tufo tra il Rio Rigatore e il suo affluente Rio Cupo, nel solco, che dalla valle del Sàbato s’innalza verso la base di Montevergine e verso Monteforte Irpino. La località prescelta per la Avellino longobarda corrisponde alla parte più antica della città attuale ed è sede dei ruderi del castello, costruito nel secolo IX, e del Duomo, che risale al secolo XII. La nuova città ereditò dalla vecchia il nome e raggiunse presto una certa importanza come sede dell’autorità politica e religiosa. Le prime notizie di essa risalgono al 769;

    poi la città fu sede di contea dal secolo X, si arricchì del castello, del duomo, di varie badie e monasteri, fu teatro di importanti avvenimenti negli anni della formazione della monarchia normanna e fu conquistata con notevole rovina da Ruggero II. Era una cittadina difesa da torri e mura e, ancor più, dalle pareti del banco tufaceo tagliate a picco in corrispondenza dei due solchi vallivi, che potevano essere anche allagati.

    La contea appartenne a varie famiglie e alternò periodi di relativa floridezza ad altri di crisi. Essendo stato il suo conte contrario agli Aragonesi, la città fu assediata e conquistata con gravi distruzioni, dalle quali cominciava appena a sollevarsi, quando il violento terremoto del 1456 vi apportava ulteriori estese rovine. Pare che allora la sua popolazione si fosse ridotta a meno di 1400 abitanti e che la sua importanza diminuisse ancora nella seconda metà del Quattrocento.

     

     

     

    La ripresa fu lenta fin quasi alla fine del secolo XVI, quando (1581) cessò di essere capoluogo del Principato Ulteriore a favore di Montefusco e passò alla famiglia Caracciolo, essendone stato investito col titolo di principe Marino I, come ricompensa del valore dimostrato nella battaglia di Lepanto.

    La famiglia Caracciolo la terrà fino all’abolizione della feudalità (1806) e si renderà benemerita di molte iniziative. Intanto la popolazione aumenta e la città sente il bisogno di espandersi fuori dell’antico nucleo edilizio, varie volte provato dai terremoti nei secoli XVII e XVIII. Le mura cominciano a perdere col tempo la loro funzione di difesa, per cui sorgono fuori di essa grandi fabbricati, laici e religiosi, quali il palazzo principesco, ora sede del Tribunale, e vari conventi con relative chiese, dei quali qualcuno è stato abbattuto per consentire una più razionale espansione della città, qualche altro è stato occupato da uffici.

    La popolazione, infatti, supera i 3000 abitanti ai primi del secolo XVII e rimane stazionaria sin quasi alla fine di esso, non risparmiata da epidemie, da carestie e da moti insurrezionali. Nel Settecento l’incremento demografico è più notevole, tanto che alla fine di questo secolo gli abitanti di Avellino si aggirano intorno a 10.000, i quali trovano alloggio in parte entro la cerchia murata, in via di smantellamento, e in numero maggiore nel nuovo borgo che si è andato formando ad occidente di essa, sul penepiano che si prolunga e si amplia verso la base del Montevergine.

    La prima metà del secolo scorso segna una ulteriore notevole ripresa per la città di Avellino, la cui popolazione si raddoppia (13.970 nel 1816; 16.162 nel 1828; 20.908 nel 1843), malgrado le gravi epidemie (colera del 1837). La promozione di Avellino a capoluogo di provincia, contemporanea alla sottrazione di essa al regime feudale, potenzia le attività artigianali e commerciali, oltre ai piccoli stabilimenti per la lavorazione della lana e per la confezione di cappelli di feltro, e costituisce una svolta decisiva perchè quel centro, in cui il castello abbandonato e grossi edifici feudali e religiosi spiccavano sulle modeste case del ceto più basso, povere e cadenti, e prive di luce e di aria, potesse aspirare ad assumere l’aspetto di città.

    Gli uffici, eli cui Avellino ha immediato bisogno come capoluogo di provincia, sono installati in vecchi palazzi e conventi, ma cominciano presto l’espansione sul penepiano e la prima sistemazione edilizia fuori delle mura, le quali vengono in parte abbattute. Il centro amministrativo si forma intorno alla piazza che oggi porta il nome di Libertà e che, ampliata e abbellita successivamente, costituisce tuttora il cuore della città.

    Il fervore dei vari intendenti si manifestò con la costruzione dell’importante arteria dei Due Principati, che dalla piazza centrale si dirige verso Montoro e Salerno, completata nel 1836, con la creazione del teatro, di un carcere monumentale a pianta esagonale e dell’Orto Agrario sulla strada delle Puglie (1844-50). L’attività edilizia si estese anche alla costruzione di civili abitazioni. La città prese decisamente ad espandersi verso occidente ai lati della statale per Napoli, che nell’area urbana è

    detta ora Corso Vittorio Emanuele e rappresenta la principale arteria cittadina, dalla quale si diparte anche l’importante Strada Irpina, che porta a Benevento per Altavilla e che fu costruita nel 1837 sotto Ferdinando, dal quale prese il nome.

    Avellino diventava uno dei più importanti nodi del traffico della Campania interna, ma si trattava in effetti di uno sviluppo lineare lungo l’asse longitudinale, costituito dalla strada proveniente da Napoli e diretta in Puglia. In tale sviluppo si alternavano fabbricati signorili di maggiore mole a minori costruzioni, che col tempo scompariranno.

    Con l’Unità d’Italia la città attraversò, come tutta la Campania, un periodo di crisi e registrò una stasi nel suo sviluppo demografico (20.505 ab. nel 1871; 22.663 nel 1901). La provincia subì sensibili modificazioni territoriali, ma senza danni, in quanto che alle perdite a vantaggio di Benevento trovò un’adeguata compensazione nelle terre sottratte alle altre province limitrofe.

    perchè distrasse buona parte del traffico dalla via nazionale delle Puglie, nè le apportò gran giovamento la ferrovia da Benevento per Salerno e per la Valle Ofantina, su cui la stazione di Avellino, inaugurata nel 1878, sorge a 3 km. dal centro urbano. Questa ha poco influito sull’espansione della città verso oriente, dato che ha originato solo un povero quartiere di scarsa importanza demografica ed economica. Inoltre la crisi agraria che colpì le campagne dell’Irpinia nella seconda metà del secolo scorso e determinò quell’imponente fenomeno emigratorio, cui si è accennato, contribuì a prolungare il disagio del capoluogo.

    Dagli inizi del nostro secolo si son cominciati a manifestare i primi sintomi di ripresa con la preparazione di un piano di sviluppo urbano in occasione del centenario del trasferimento del capoluogo da Montefusco ad Avellino. La città risentì anch’essa gli effetti del generale miglioramento della situazione registrata nelle province meridionali, fu raggiunta dall’acquedotto e si arricchì di nuovi edifici pubblici e privati nel primo dopoguerra.

    quella urbana ha subito variazioni minori ed era di 20.251 ab. nel 1901, 22.926 nel 1921, 25.815 nel 1951.

    I bombardamenti subiti dalla città nel 1943 vi hanno apportato molte rovine e hanno favorito in tal modo il suo rinnovamento edilizio nel secondo dopoguerra, con l’ampliamento dell’area urbana e con la costruzione di quartieri e di edifici isolati, per iniziativa di cooperative.

    L’esigenza di allontanarsi dal Corso, già manifestatasi nell’anteguerra, con la costruzione di quartieri popolari, diventa più urgente negli ultimi decenni, nei quali si costruiscono delle parallele ad esso, tanto da occupare quasi tutta la parte pianeggiante del banco tufaceo che si interpone tra il solco del Rigatore e quello del torrente San Francesco. L’aumento del traffico sulle Statali che convergono in città ha consigliato di costruire delle linee di scorrimento laterali al Corso e una circum-vallazione che consente di evitare il centro urbano. Queste nuove strade hanno già richiamato parecchi edifici per abitazione e per attività industriali e commerciali.

    La mancanza di un piano regolatore fa sì che lo sviluppo avvenga con un certo disordine e soprattutto sulle direttrici di Mercogliano, Valle e Ponticelli verso occidente, di Bellizzi al di là del Rigatore e di Pianodàrdine verso oriente. L’edilizia popolare ha avuto maggiore sviluppo e continua ad interessare alcune parti della città, ma anche quella scolastica è stata oggetto di cure, tanto che si è creato un piccolo quartiere delle scuole (liceo classico e scientifico, istituto magistrale, istituto tecnico commerciale e per geometri, scuole industriali e medie) al termine del Corso e all’inizio del Viale dei Platani.

    Avellino è, tuttavia, una città con funzioni prevalentemente amministrative e la maggioranza della sua popolazione attiva è costituita da impiegati. È il capoluogo di una delle più povere province d’Italia, colpita da considerevole spopolamento specie negli ultimi decenni. Il suo comune, però, è l’unico dell’Irpinia vera che ha registrato un certo incremento demografico. Essa occupa una posizione eccentrica rispetto al territorio provinciale, sebbene la rete delle strade abbia attenuato gli svantaggi connessi con la sua sfavorevole posizione. Sorge al centro di una fertile conca e all’incrocio di importanti strade rotabili, che le consentono di assumere una non trascurabile importanza commerciale per i prodotti del suolo e dell’allevamento, ma i collegamenti ferroviari sono malagevoli, perchè la pendenza è talvolta eccessiva, la velocità commerciale dei treni molto bassa, la stazione ferroviaria lontana dal centro urbano. La linea ferroviaria, che la riunisce a Napoli, ha una lunghezza pressoché doppia (97 km.) rispetto a quella per strada. Il tracciato dell’autostrada Napoli-Bari, interessandola da vicino, gioverà allo sviluppo economico della città e della sua valle e rinvigorirà la sua funzione di controllo sul traffico stradale tra la Campania e la Puglia. Le strade che l’attraversano hanno dei percorsi tortuosi e presentano grandi pendenze, sono danneggiate di frequente da frane e smottamenti e non sono adatte al traffico veloce.

    Nell’ambito della città non è agevole delimitare dei quartieri geografici, sebbene riesca possibile distinguere dei nuclei, che si differenziano per struttura e funzioni.

    Di questi uno dei più caratteristici è il vecchio nucleo della città sulla collina detta « La Terra », il quale è formato da basse casette, sormontate da qualche vecchio palazzo signorile, e da vicoli stretti, ma è ancora attivo perchè sede del Duomo, del seminario diocesano e dell’ospedale. Via Umberto I, già Costantinopoli, ne costituisce l’arteria principale sul prolungamento del Corso, ma è piuttosto stretta, malgrado abbia subito alcune rettifiche.

    Il borgo intorno alla stazione ferroviaria ha modesta importanza e contribuisce a prolungare la città in direzione di Atripalda, alla quale quasi si congiunge.

    Il centro vitale della città è intorno alla Piazza della Libertà, nella quale immettono le strade provenienti dalla Puglia, da Salerno e da Napoli. Su questa piazza pulsa più intensa la vita della città, perchè intorno ad essa si trovano parecchi uffici, la banca ed alcuni negozi importanti. Verso occidente si sviluppa il principale quartiere residenziale, attraversato dal Corso Vittorio Emanuele, che ha anche una notevole importanza commerciale. Esso si allunga verso oriente e include anche parecchi uffici, i giardini pubblici (Villa Comunale) e le scuole e si snoda anche oltre il Corso ai lati del Viale dei Platani, che porta verso la base del Montevergine, da dove si sale al famoso santuario per strada rotabile o per funicolare.

    Vedi Anche:  Precipitazioni e tipi di tempo

    Minore importanza hanno il rione attraversato dalla via dei Due Principati alla sinistra del Rigatore e quello che è sorto alla sua destra tra la Villa Comunale e la Posta, il primo prettamente popolare, il secondo formato in prevalenza da fabbricati di cooperative e da minori costruzioni separate tra loro da spazi verdi.

    Benevento.

    Città ricca di storia antica, medioevale e moderna è Benevento, capoluogo della provincia sannitica, sorta nel triangolo di confluenza del Calore col Sàbato e sviluppatasi lungo la direttrice estovest come Avellino, ma a differenza di questa da occidente verso oriente.

    È al centro di una vasta conca, chiusa a settentrione e ad occidente dai baluardi calcarei del Matese, del Taburno e dell’Avella e circondata ad oriente e a mezzogiorno dalle dorsali più basse del Terziario, che costituiscono l’Appennino Sannita o che si dipartono dalle montagne calcaree dell’Avella e dei Picentini. Il Calore e i

    suoi due affluenti, l’Ùfita e il Sàbato, si inseriscono tra tali dorsali con lunghi solchi vallivi subparalleli, che confluiscono nella conca di Benevento. Qui il Calore piega verso occidente ed entra in una valle ampia, piuttosto pianeggiante, nella quale forma meandri e riceve, oltre ai fiumi ricordati, il Tammaro vorticoso, che scende dal Ma-tese in una valle profonda e tortuosa.

    Il Taburno chiude la conca ad occidente e costringe il Calore a piegare verso nord; ma, poco prima che la valle si restringa, avviene la confluenza col Sàbato e col Corvo, che provengono rispettivamente dalle conche di Avellino e di Monte-sarchio, segnando due importanti vie naturali di penetrazione, risalite anche da strade e ferrovie.

    Il Calore disegna un ampio meandro proprio in corrispondenza della confluenza col Sàbato ed ha scalzato alla base la collina che si innalza verso sud ed è delimitata sul lato occidentale dalla valle del Sàbato con una parete piuttosto ripida. Si è formato così una specie di sperone nel triangolo di confluenza tra i due fiumi, dolcemente

    Panorama di Benevento.

    In primo piano il fertile territorio a sinistra del Calore, sullo sfondo le brulle colline alla destra del fiume.

     

     

     

    degradante verso ovest e, delimitato a nord e a sud da ripe abbastanza stabili, perchè costituito in parte da conglomerati cementati.

    Era questo un lembo di terra adatto alla difesa, perchè protetto naturalmente dalle valli dei due fiumi ricchi di acque, e sorgeva nel punto di irradiazione di importantissime vie naturali verso i vari punti cardinali. Non poteva quindi sfuggire la sua importanza per la creazione di un centro abitato, neppure ai più antichi abitatori della regione, e non era facile trovare un sito migliore per tale agglomerato durante le tristi vicende della sua lunga storia. La posizione geografica, favorevole in tempi di pace, perchè gli consente di controllare le principali vie tra la Campania e la Puglia, tra il Molise e l’Irpinia, è stata un grave svantaggio in tempi di guerra, perchè l’ha esposta ripetutamente agli attacchi degli eserciti, che si trasferivano da una parte all’altra della Penisola.

    La situazione di Benevento non è ottima da ogni punto di vista. Sorgendo su una delle principali linee di frattura dell’Appennino, si trova al centro di una zona instabile ed è colpita frequentemente da terremoti, non sempre di lieve entità. Essendo una città di fondovalle non può sfuggire alle nebbie che dall’autunno alla primavera si formano nella conca talvolta sotto forma di lieve caligine mattutina, talaltra con banchi più densi e più duraturi. La conca è sottratta dai massicci calcarei all’influenza diretta dei venti umidi occidentali, i quali vi apportano precipitazioni molto scarse, non di rado inferiori a 600 mm. all’anno, che sui versanti più esposti a sud e sui conglomerati permeabili sono sufficienti solo per una vegetazione erbacea o arborea assai stentata e rada. Benevento è una delle località meno piovose della Campania e con fortissime differenze da un anno all’altro. Anche i minimi e i massimi termici sono piuttosto accentuati e l’influenza dei venti freddi settentrionali non è trascurabile.

    Benevento occupa lo stesso sito topografico sin dalle sue origini, e solo in tempi recenti è avvenuta la sua espansione fuori dell’antico nucleo circondato da mura. Essa ha vissuto per vari secoli una vita appartata, facendo parte dello Stato Pontificio ed essendo isolata entro il territorio del Regno di Napoli, del quale ha risentito solo in minima parte gli effetti del suo travaglio interno, durante i secoli oscuri del feudalesimo, della dura occupazione straniera e della sua successiva rinascita politica, culturale ed economica.

    ma dopo la battaglia tra i Romani e Pirro, nel 275 a. C., fu chiamata Beneventum e ricevette una colonia di veterani (268 a. C.), che segnò l’inizio del suo sviluppo, anche per essere stata raggiunta dalla Via Appia. Fu oggetto di contesa tra Romani e Cartaginesi durante la seconda guerra punica e divenne municipio nell’86 avanti Cristo. Fece parte del Sannio con la ripartizione augustea dell’Italia in regioni e conobbe un notevole splendore, appunto per la sua posizione sulla principale via dell’antichità. Si arricchì di terme, del teatro e dell’Arco di Traiano, uno dei più celebri archi trionfali dell’antichità, che costituisce giustamente l’orgoglio di Benevento.

    Il nucleo originario della città romana si costituì nella sezione più occidentale dell’area urbana attuale, dove la distanza tra i due fiumi è minore, cioè tra Porta San Lorenzo, il Duomo e Ponte Leproso. Ne sarebbero la prova i ritrovamenti archeologici e i resti di edifici pubblici romani. La successiva espansione era naturale che avvenisse verso oriente, seguendo il declivio della collina interfluviale e dovette essere considerevole, se si spinse fino all’altezza dell’arco di Traiano e del Palazzo di Giustizia. La città romana doveva avere una pianta rettangolare ed ospitare alcune migliaia di abitanti, era certo uno dei centri più attivi e noti del Sannio ed era attraversata dalla Via Appia, che superava il Sàbato al Ponte Leproso.

    La nuova dottrina di Cristo trovò sùbito dei seguaci a Benevento, dove ha sede uno dei più antichi Vescovadi d’Italia, che si fa risalire al 40 d. C. per la predicazione di San Fotino, al quale è dedicata la cattedrale della città.

    La caduta dell’Impero segnò per Benevento l’inizio di una storia a volte tormentata, a volte gloriosa, sicché agli assedi numerosi si alternarono periodi di grande floridezza. Spesso la città resistè agli assalti grazie alla sua forte posizione naturale e alla protezione delle mura, ma talvolta crollò e subì saccheggi ed estese rovine. Fu città dei Goti dal 490 e cadde poi nelle mani di Belisario appena dopo il suo sbarco in Campania, ma fu ripresa nel 545 da Totila, che ne fece abbattere le mura, come a Napoli. Ritornò bizantina con la sconfitta di Teia e fu successivamente conquistata dai Longobardi e scelta come capoluogo del ducato da Zottone nel 571. Da allora comincia la storia più gloriosa di Benevento, che rimane fino al secolo XI la capitale di un importante organismo politico, ducato fino al 774, principato successivamente.

    Benevento longobarda è una delle più importanti città dell’Italia meridionale, con funzioni di centro amministrativo, politico, militare, commerciale e culturale. Si arricchisce di nuovi edifici, che si inseriscono tra le grandi costruzioni romane, ma la cerchia muraria non basta più a contenere tutta la città e viene superata dal lato orientale per la costruzione di vari edifici con funzioni militari, con chiese e con conventi. I Longobardi, già adoratori di deità nordiche, i cui culti orgiastici pare abbiano dato origine alla nota leggenda delle streghe, vengono poi convertiti al Cristianesimo da San Barbato e avvertono presto il fervore per la nuova fede, promuovendo la costruzione di badie e conventi. Basta qui soltanto segnalare che furono tre nobili beneventani i fondatori della famosa badia di San Vincenzo sul banco di travertino presso le sorgenti del Volturno.

    Benevento, secondo il Pacichelli (inizio secolo XVIII).

    Il primo principe longobardo Arechi I fondò la bella chiesa suburbana di Santa Sofia, che ricorda quella omonima di Costantinopoli, con l’annesso convento, passato successivamente ai Benedettini, in cui visse a lungo lo storico longobardo, Paolo Diacono, e dimorò il futuro Papa Vittore III. Tra i monumenti longobardi di Benevento bisogna ricordare il Duomo, eretto nel secolo VII e ricostruito prima (secolo X) a tre navate dal principe Sicone e poi (secolo XII) a cinque, con sensibili modificazioni formali.

    Nel corso del secolo XI il principato di Benevento, già scisso nel secolo IX con la formazione del principato di Salerno, concluse la sua lunga e non ingloriosa vita, prima per opera del principe di Capua e poi al tempo dei Normanni con la riunificazione dell’Italia meridionale. Benevento, con un piccolo territorio circostante a nord e a sud del Calore, passò allo Stato della Chiesa, del quale rimase a far parte attraverso varie peripezie fino all’Unità d’Italia. Stretta entro angusti confini e mal

    collegata con le città del Regno di Napoli, Benevento perdette definitivamente l’importanza politica, amministrativa e commerciale di un tempo e rimase raccolta entro l’ambito delle mura medioevali. La sua ridotta popolazione, inoltre, non fu risparmiata dalle calamità e dalle epidemie che colpirono la Campania e subì assedi da parte dei re meridionali nelle lotte per il potere. Federico II la saccheggiò e Manfredi subì davanti alle sue porte la sconfitta, nella quale fu ucciso nel 1266, e fu prima sepolto sotto un cumolo di sassi presso il ponte della Maurella, che sorgeva a metà strada tra il ponte Vanvitelli e quello ferroviario e poi riesumato per ordine del papa. Dante, rievocando l’episodio, nel terzo canto del Purgatorio, con mirabili accenti, rende vivo il ricordo di quella importante battaglia e, attraverso le lapidi che ne riportano i versi, rinnova nei visitatori un senso di mestizia e di pietà per l’infelice re svevo.

    Per lunghi secoli la pianta della città non subì modificazioni e la struttura urbanistica rimase quella medioevale, salvo la ricostruzione di pochi edifici, la fondazione o l’ampliamento di qualche convento o di qualche chiesa, il rafforzamento delle mura e della sede dei rettori pontifici, che dal 1321 è costituita dalla Rocca dei Rettori, all’estremità orientale della città di allora, detta ora comunemente il Castello. Gravi terremoti (1456, 1688, 1702) colpirono la città e vi crearono estese rovine e non pochi morti (1702 nel 1688; 150 nel 1702), determinandovi conseguentemente un periodico rinnovamento edilizio. La popolazione pertanto rimase di poche migliaia nella città e nel territorio beneventano sino alla fine del secolo XVII (7834 ab. alla vigilia del terremoto del 1688), si raddoppiò nel successivo, passando da poco più di 8000 ab. ai primi del Settecento a 18.000 ai primi dell’Ottocento, ma rimase poi stazionaria fino all’Unità d’Italia (18.991 nel 1961).

    L’inserimento di Benevento nell’Italia giovò al suo sviluppo, perchè ne ampliò l’orizzonte e ne moltiplicò le funzioni, favorendo il rinnovamento edilizio del vecchio nucleo urbano con la costruzione di nuovi edifici e con la trasformazione di alcuni dei vecchi in uffici e scuole.

    Un fatto importante fu la costruzione della linea ferroviaria Napoli-Foggia e della stazione ferroviaria nella pianura alla destra del Calore (1867), alla quale si innestarono anche le linee per Napoli attraverso la Valle Caudina e quella per Avellino. La stazione ferroviaria sulla linea per Foggia si trova ad un chilometro dal centro della città, alla quale è collegata con il viale Principe di Napoli attraverso Ponte Vanvitelli. Essa ha dato lo stimolo all’espansione della città alla destra del Calore, dapprima ai lati della strada principale e poi in tutta la breve pianura tra il fiume e la ferrovia, superando anche l’ostacolo costituito dalla linea per Avellino. Questo quartiere ha assunto importanza nel nostro secolo e si è qualificato per le attività industriali e commerciali che ha richiamate.

    veduta, la caserma sannitica (1879-82) e le carceri giudiziarie, che si riallacciavano al nucleo degli uffici pubblici installati intorno a Piazza Castello.

    La terza direttrice di sviluppo è più recente ed è rivolta verso la valle del Sàbato ed oltre il Ponte Santa Maria degli Angeli. Da questo lato il limite alla città era segnato dalle mura e dalla Porta Rufina, ma già prima del 1860 erano sorte fuori della porta le cosiddette « taverne », dove arrivavano e donde partivano carri, carrozze ed altri mezzi di trasporto del tempo, dove avvenivano le fiere ed i mercati e erano ubicate le stalle per gli animali da tiro. Su tale spiazzo nel 1864 salì il patibolo il bandito Michele Caruso, che aveva scorrazzato a lungo per il Sannio.

    L’espansione della città verso la valle del Sàbato cominciò alla fine del secolo scorso con la sistemazione di Piazza Commestibili e con la costruzione di alcuni altri edifici per scopi commerciali e industriali, ma questi si mantennero sempre ad una certa distanza dalla sponda destra del fiume per sfuggire ai pericoli delle sue inondazioni.

    Malgrado l’espansione urbana fuori delle mura secondo le tre direttrici di sviluppo ricordate e malgrado la promozione di Benevento a capoluogo di provincia, accompagnata dalla creazione di parecchi uffici, la popolazione non subì aumenti fino ai primi del nostro secolo (17.406 ab. nel 1881; 17.227 nel 1901 ; 16.056 nel 1911). Il flusso emigratorio, che si originò nel Sannio alla fine del secolo scorso, fu alimentato in parte anche dal capoluogo.

    Il risveglio della città è del nostro secolo ed è connesso con lo sviluppo commerciale ed industriale di essa. Il quartiere alla destra del Calore si arricchisce di diversi stabilimenti per la fabbricazione del noto torrone di Benevento, per la distillazione del non meno noto liquore Strega e per la lavorazione del legno, di officine meccaniche, di manifatture varie (tabacco) e di grandi magazzini di cereali, di vino e di altri prodotti. L’espansione verso la valle del Sàbato avviene per scopi industriali e commerciali, con l’impianto di molini, pastifici, fabbriche di fiammiferi e di dolci, officine meccaniche ed altre attività industriali e commerciali. Essa ha interessato il versante destro del Sàbato fin dopo la prima guerra mondiale, ma con la costruzione del Ponte di Santa Maria degli Angeli è avvenuta con grande rapidità alla sinistra del fiume, dove era stata impiantata nel 1920 una fabbrica di laterizi in contrada Cretazzo e dove sorgeva un antico convento. Il nuovo rione si è andato espandendo rapidamente con la costruzione di gruppi di case popolari, negli anni anteguerra, e ancor più negli ultimi due decenni, ma non ha perduto il suo carattere popolare, sebbene abbia assunto anche funzioni industriali e commerciali.

    La terza direttrice di sviluppo è verso oriente, sul ripiano della collina inter-fluviale, ed ha originato un quartiere essenzialmente residenziale. Questo è costituito da edifici di abitazioni signorili e si è formato a destra e a sinistra di via degli Atlantici e intorno alla Piazza della Libertà, dalla quale si diparte una parallela a via degli Atlantici, ormai anch’essa fiancheggiata da edifici. La minore umidità rispetto al fondovalle, l’ampio panorama di cui si gode, la facilità dei collegamenti con il centro urbano sono stati fattori importanti per lo sviluppo della città verso oriente, dove sono sorte anche le scuole e il nuovo seminario regionale. L’espansione di Benevento verso l’alto presenta parecchie analogie con quella di Avellino, sia per l’importanza residenziale del nuovo quartiere, sia per l’inserimento in esso della Villa Comunale, di una caserma, del carcere e del complesso degli edifici scolastici.

    Lo sviluppo urbano è in stretta relazione con quello demografico, dato che la popolazione è aumentata soprattutto nell’ultimo trentennio (27.510 ab. nel 1921; 26.537 nel 1931 ; 34.405 nel 1951), mentre quella del comune è passata da 26.790 ab. nel 1921 a 36.054 nel 1931, a 47.604 nel 1951 e infine a 55.381 nel 1961.

    La città di Benevento ha una pianta molto irregolare, perchè al nucleo romano e longobardo, rettangolare, si sono venuti ad aggiungere i nuovi quartieri fuori della cerchia muraria. In essa si può, quindi, riconoscere un nucleo storico, adagiato sul piano inclinato della collina interfluviale e limitato a sud e a nord dalle antiche mura e dalle ripe con le quali scende sui fondivalle. Esso, sebbene sia stato rinnovato varie volte per ricostruire gli edifici crollati, presenta una grande compattezza e manca di spazi verdi. Il Corso Garibaldi ne costituisce l’arteria principale, su cui danno i principali negozi ed uffici della città, ma risulta insufficiente ad accogliere l’aumentato traffico, che è dirottato sulle vie fuori delle mura. La vecchia città conserva tracce notevoli e pregevoli della civiltà romana (teatro, terme, arco di Traiano), del dominio longobardo (Duomo, Chiesa di Santa Sofia col pregevole chiostro quadrato) e del lungo periodo pontificio (Rocca dei Rettori e vari monasteri). A grandi edifici laici e religiosi si alternano minori costruzioni separate da vicoli stretti e tortuosi, insufficienti alle esigenze del traffico moderno, ruderi di interesse archeologico e squallide rovine.

    La città vecchia continua verso il pianalto della collina col quartiere degli uffici che si addensano intorno alla piazza Castello, con la Villa Comunale e col nuovo quartiere residenziale e delle scuole che si sviluppa ai lati della Via degli Atlantici. In tempi recenti la città ha disceso anche i fianchi della collina, seguendo due direttrici principali, una lungo la Via Napoli, che da Piazza Roma, nel cuore della città vecchia, porta al nuovo rione Libertà e prosegue per Montesarchio e per Napoli, l’altra fuori dell’arco di Traiano sulla strada per Paduli.

    Il quartiere alla destra del Calore si è formato dopo la costruzione della stazione ferroviaria ed ha funzioni essenzialmente industriali e commerciali. Il Viale Principe di Napoli ne costituisce l’asse, su cui si svolge parte del traffico urbano e su cui confluisce tutto quello che proviene dal Molise e dai centri della provincia a nord del Calore. Il Ponte Vanvitelli io continua oltre il Calore e consente al visitatore di godere una piacevole veduta su un fianco della città e sul fiume.

    Il quartiere più nuovo di Benevento, e in via di considerevole espansione, è quello alla sinistra del Sàbato, il quale si distingue per la simmetria nella distribuzione degli edifici e delle strade, ma rivela anche una grande monotonia e una certa povertà architettonica.

    Benevento è una città in sviluppo e costituisce un’eccezione nella provincia san-nitica, quasi tutta colpita da decremento demografico. Essa ha una importante funzione amministrativa, ma è anche cospicuo centro commerciale e industriale, il principale di tutte le valli interne dell’Appennino meridionale. Ciò è ovviamente dovuto alla favorevole posizione geografica, ma anche alle lodevoli iniziative locali, che meritano di essere assecondate, affinchè questo polo industriale, l’unico che meriti tal nome nella Campania interna, possa richiamare intorno a sè e nella media valle del Calore altri stabilimenti e attività terziarie che sollevino la povertà di una parte del Sannio e ne fermino l’esodo della popolazione.

    Tabella I. — Superficie territoriale (kmq.) per province e zone altimetriche.

    Pianura

    Collina

    Montagna

    Totale

    Caserta

    923

    i.487

    229

    2.639

    Benevento

    917

    i.144

    2.061

    Avellino

    906

    i.895

    2.801

    Napoli

    503

    668

    1.171

    Salerno

    556

    2-937

    i.430

    4-923

    Campania

    i.982

    6.915

    4.698

    13-595 !

    Tabella II. — Superficie delle varie zone altimetriche della Campania (kmq.),

    calcolata con il planimetro.

    “0 rispetto alla superficie territoriale

    0-100

    m.

    3-545

    26

    100-300

    m.

    2.257

    17

    300-500

    m.

    3-I36

    23

    500-1.000

    m.

    3.828

    28

    1.000-1.500

    m.

    817

    6

    oltre 1.500

    m.

    12

    100

    Campania

    13.595 kmq.

    Tabella III. — Andamento della temperatura in alcune località della Campania

    (media 1951-60 in gradi centigradi).

    Mese

    Napoli m. 54 s. m.

    Salerno m. 40 s. m.

    Caserta m. 90 s. m.

    | Benevento m. 170 s. m.

    Avellino m. 370 s. m.

    Roccamonfina m. 781 s. m.

    Montevergine m. 1270 s. m.

    Ariano Irpino m. 794 s. m.

    Casal Velino m. 225 s. m.

    Sala Consilina m. 580 s. m.

    Gennaio

    IO,5

    10.3

    9.7

    7.1

    6.3

    2,8

    0,7

    3.3

    7.7

    5.9

    Febbraio

    io,8

    10,9

    10,2

    8.4

    6,9

    2.9

    -0,1

    3.8

    8,6

    5.9

    Marzo

    12,8

    I3.0

    12,4

    10,7

    8,8

    4.6

    3.0

    5.7

    11,2

    8.3

    Aprile

    15.8

    l6,0

    15.2

    13.9

    12,1

    8,8

    6,8

    9.2

    14.2

    12,6

    Maggio

    19.7

    19,2

    19,2

    17.8

    15.9

    12,2

    10,9

    13.4

    18,0

    15.6

    Giugno

    24,0

    23,8

    23.4

    22 2

    19,8

    i7.5

    14.9

    17.6

    22,2

    19,6

    Luglio

    26,6

    26,2

    26,0

    24.5

    22,7

    20,2

    18,7

    20,7

    24,8

    22,8

    Agosto

    26,5

    26,8

    26,0

    24.7

    21,6

    20,4

    17.9

    21,0

    25,0

    22,8

    Settembre

    23.7

    23.5

    23.2

    21,7

    19.7

    16,7

    14.7

    17.8

    21,9

    19,6

    Ottobre

    19,0

    19,2

    18,3

    16,6

    14.9

    ii,6

    9.8

    12,6

    17,3

    14.7

    Novembre

    14.9

    I5.0

    14-3

    12,3

    10,7

    7,5

    5.3

    7.8

    14.9

    10,2

    Dicembre

    12,5

    12,7

    11,9

    9.6

    8,0

    4.4

    2.7

    5.i

    IO,4

    7,8

    Anno

    18,2

    18,3

    17.5

    15.8

    15.5

    10,7

    9.0

    11,5

    16.3

    13.8

    Escursione annua

    16,1

    16,5

    16,3

    17,6

    16,4

    17.6

    18,8

    !7>7

    17,3

    16,9

    Tabella IV. — Andamento della piovosità in alcune località della Campania

    (media 1921-50).

    M e s e

    Napoli

    Benevento

    Montevergine

    Lago Matese

    Ariano Irpino

    Savignano

    Salerno

    Rofrano

    mm.

    freq.

    mm.

    freq.

    mm.

    freq.

    mm.

    freq.

    mm.

    freq.

    mm.

    freq.

    mm.

    freq.

    mm.

    freq.

    Gennaio

    96

    io

    71

    9

    220

    13

    209

    11

    82

    io

    42

    7

    157

    12

    204

    13

    Febbraio

    75

    9

    71

    8

    215

    11

    230

    12

    82

    9

    51

    7

    137

    io

    178

    io

    Marzo

    64

    8

    54

    9

    185

    12

    179

    11

    59

    8

    42

    7

    114

    9

    144

    io

    Aprile

    50

    7

    52

    8

    184

    11

    181

    12

    57

    8

    41

    7

    93

    8

    115

    io

    Maggio

    44

    6

    53

    7

    175

    11

    136

    12

    70

    8

    47

    7

    74

    7

    ho

    io

    Giugno

    30

    4

    36

    4

    94

    6

    85

    8

    56

    6

    37

    5

    38

    4

    48

    5

    Luglio

    12

    2

    14

    2

    42

    4

    42

    5

    25

    3

    24

    3

    17

    i

    35

    3

    Agosto

    27

    3

    30

    4

    55

    4

    52

    5

    33

    3

    24

    3

    28

    2

    45

    4

    Settembre

    65

    5

    54

    5

    135

    7

    130

    8

    57

    5

    44

    5

    104

    6

    109

    7

    Ottobre

    102

    8

    76

    8

    260

    11

    253

    11

    87

    9

    58

    io

    166

    9

    164

    9

    Novembre

    122

    11

    94

    10

    333

    14

    310

    14

    111

    11

    80

    io

    190

    12

    229

    11

    Dicembre

    109

    12

    90

    io

    317

    14

    287

    14

    103

    11

    63

    io

    181

    12

    238

    12

    Anno

    796

    85

    695

    84

    2.215

    118

    2.094

    123

    822

    9i

    553

    81

    1.299

    92

    1.619

    104

    Tabella V. — Popolazione della Campania, calcolata sulla base dei dati disponibili per ciascuna provincia entro i limiti amministrativi dell’epoca (i) ed entro i limiti attuali (2).

    1669

    1789

    1816

    Napoli

    (1)

    (2)

    200.000 285.000

    570-029

    819.630

    638.970

    705.540

    Terra di Lavoro (Caserta)

    (1)

    (2)

    295.000 123.000

    685.203 237.260

    572.170 262.230

    Benevento

    (1)

    (2)

    7.000 62.000

    20.348 167.150

    21.000 185.500

    Principato Ulteriore (Avellino)

    (1)

    (2)

    100.000 83.000

    372.419 298.640

    327-750 304.820

    Principato Citeriore (Salerno)

    (1)

    (2)

    162.000 136.000

    462.125 386.980

    418.840 407.220

    Campania

    (1)

    (2)

    764.000 689.000

    2.110.124 1.909.660

    1.978.730 1.865.310

    Tabella VI. — La popolazione della Campania e delle sue province dall’Unità d’Italia ai giorni nostri,

    entro i limiti amministrativi dell’epoca dei vari censimenti (i) e quelli attuali (2).

    1861

    1871

    1881

    1901

    1911

    1921

    1931

    1936

    1951

    1961

    Napoli

    (I)

    867.983

    907.752

    992.398

    1.141.788

    1.309.361

    1.478.021

    2.085.183

    2.192.245

    2.081.119

    2.413.663

    (2)

    951.984

    993.649

    1.085.611

    1-243-597

    1.413.652

    1.586.590

    1.662.546

    1.740.668

    Caserta

    (1)

    653.464

    697.403

    725-535

    8o5.345

    829.705

    867.826

    (2)

    350.403

    372.956

    387.016

    425.181

    43I-7I3

    445-893

    482.136

    505.166

    uul-o/z

    Benevento

    (1)

    220.506

    232.008

    240.061

    265.367

    272.121

    282.642

    335-642

    349-707

    (2)

    216.749

    228.430

    236.044

    260.390

    266.186

    276.384

    288.378

    302.109

    óó

    31 j-y

    Avellino

    (1)

    355-621

    375-69I

    397-773

    421.766

    425-334

    440.710

    428.934

    451.466

    (2)

    337-639

    356.345

    372.022

    398.990

    401.394

    416.354

    423.827

    446.231

    ‘t

    Salerno

    (1)

    (2)

    ‘ 528.256

    541.738

    573-695

    585-132

    588.489

    617.909

    661.717

    705.277

    836.828

    910.386

    Campania

    (1)

    (2)

    2.625.830 2.385.031

    2-754-592 2.493.118

    2.929.462 2.654.388

    3.219.398 2.913.290

    3.425.010 3-101.434

    3.686.509 3-343-130

    3-5II-476 3.518.604

    3.698.695 3.699.451

    » 4.346.264

    4.756.094

    Tabella VII. — Movimento naturale della popolazione (1956-60).

    Natalità per iooo ab.

    Mortalità per 1000 ab.

    Eccedenza per 1000 ab.

    Napoli

    25,6

    9.5

    ió,i

    Caserta

    23,8

    8,9

    14,9

    Benevento

    19,1

    8,5

    io,6

    1 Avellino

    19,9

    8,1

    11,8

    j Salerno

    23,3

    7.9

    i5»4

    Campania

    24,0

    8,8

    15.2

    Italia

    17.5

    9,4

    8,1

    Tabella Vili. — Popolazione della Campania ripartita tra centri,

    nuclei e case sparse, secondo il censimento del i95i.

    Province

    Centri

    0 ■

    , 0

    Nuclei

    0/

    .0

    Case sparse

    0/ <0

    Napoli.

    i.915.093

    53.2

    64.069

    34.0

    ioi.957

    19.9

    Caserta

    5I5-77I

    14.2

    23.768

    12,6

    61.833

    10,1

    Benevento

    211.255

    5.8

    24.660

    12,7

    95-935

    17.9

    Avellino

    329.263

    9.1

    29.268

    15.0

    136.564

    25.6

    Salerno

    648.797

    17.7

    50.672

    25.7

    137-359

    26,5

    Campania

    3.620.179

    83.2

    192.437

    4.4

    533-648

    12,3

    Tabella IX.— Emigrazione quinquennale, complessiva (i) e transoceanica (2), dalle varie province della Campania.

    Anni

    Napoli

    Caserta

    Benevento

    Avellino

    Salerno

    Campania

    (1)

    (2)

    (1)

    (2)

    (0

    (2)

    (1)

    (2)

    (1)

    (2)

    (1)

    (2)

    1876-80

    8-555

    1.909

    3-770

    i.107

    129

    122

    843

    748

    16.317

    15-949

    29.614

    19-838

    1881-85

    13.922

    4.690

    6.900

    4.ii7

    2.812

    2.715

    6.807

    6.782

    3I-458

    30.093

    61.935

    48.397

    1886-90

    13.070

    8.281

    14.189

    H.584

    11.822

    11.747

    16.806

    16.806

    45-085

    43-057

    100.969

    91.468

    1891-95

    2i.2óo

    13.800

    24.190

    20.734

    16.702

    16.676

    27.669

    27.639

    47.906

    45-659

    138.022

    124.798

    1896-1900

    29.048

    22.128

    46.719

    40.078

    20.117

    19.996

    31-113

    3I-II3

    54-430

    52.530

    190.253

    174.679

    1901-05

    47.881

    40.023

    i io.367

    91.612

    44.967

    44.638

    82.065

    81.417

    80.501

    74.362

    365-777

    331-952

    1906-10

    53-586

    46.541

    iio.468

    ioo.373

    36.310

    35-859

    63.588

    63.276

    70-337

    67.220

    334-109

    313.089

    I9II-I5

    32.625

    27.059

    91.029

    81.733

    28.862

    28.657

    46.876

    46.258

    53-603

    50.881

    255-302

    234.988

    1916-20

    32.575

    25.536

    46.091

    33-929

    10.886

    10.717

    21.469

    20.998

    19-339

    16.012

    130.367

    106.992

    1921-25

    17.767

    ii.o32

    34-715

    19.197

    9-459

    9.289

    14-865

    I4-3II

    20.224

    17.471

    96.139

    70.400

    Tabella X. — Espatri per ragioni di lavoro nei bienni 1951-52 e 1959-60

    (media annua).

    Europei

    Extraeuropei

    Complessivi

    i9si-52

    1959-60

    i95i-52

    1959-60

    1951-52

    1959-60

    Napoli

    925

    3-205

    4.031

    2.017

    4-956

    5.222

    Caserta

    i.170

    6.950

    1.702

    1-456

    2.872

    8.406

    Benevento

    463

    4-950

    2-554

    1.862

    3.oi7

    6.812

    Avellino

    i.825

    12.064

    4-538

    2.894

    6.363

    14.958

    Salerno

    437

    7.407

    4-713

    2.396

    5-I50

    9-803

    Campania

    4.820

    34-576

    I7-538

    10.625

    22.358

    45.201

    Rimpatri

    Campania

    576

    16.660

    3-522

    1 5-727

    | 4-098

    22.387

    Tabella XI. — Iscritti e cancellati nelle varie province e nella regione nel decennio 1951-60.

    Province

    Iscritti negli anni

    1951

    1952

    1953

    1954

    1955

    1956

    1957

    1958

    1959

    i960

    Napoli

    32.038

    33-003

    35-073

    37.902

    39.406

    44.108

    46.265

    47.152

    50.086

    50.018

    Caserta

    11.150

    11.846

    13-352

    12.862

    12.590

    13.408

    12.819

    14-073

    14.240

    14.924

    Benevento

    5.7″

    5-873

    5-895

    5-965

    6.083

    6.497

    6.098

    5-927

    6.518

    6.226

    Avellino

    7-295

    8.843

    9.114

    8.905

    8.860

    9-576

    9.244

    9.040

    9-495

    10.182

    Salerno

    16.636

    17.976

    19.720

    18.882

    18.845

    19.615

    20.236

    22.128

    21.917

    23.225

    Campania

    72.830

    77-541

    83.154

    84.516

    85-784

    93.204

    94.662

    98.320

    102.256

    104.575

    Province

    Cancellati

    negli

    anni

    1951

    1952

    1953

    1954

    1955

    1956

    1957

    1958

    1959

    i960

    Napoli

    34.9I3

    36-552

    32.713

    34.261

    36.978

    40.907

    43.874

    48-793

    49.424

    52.760

    Caserta

    13.277

    I3-956

    15.in

    14.958

    15-459

    l6.6l2

    I5.697

    I7.34I

    17.692

    18.422

    Benevento

    8.011

    9.107

    8.429

    9-399

    9.600

    9.484

    11.440

    9.561

    io.695

    io.574

    Avellino

    n-943

    12.587

    13.461

    14.866

    14.461

    I5-I5I

    14.725

    I5.037

    l6.28l

    15.788

    Salerno

    19.101

    20.647

    23.012

    21.571

    22.394

    22.730

    24.320

    24.267

    26.378

    27.721

    Campania

    87.245

    92.849

    92.726

    95-055

    98.892

    io4.884

    i io.o56

    114.999

    120.470

    125.265

    Tabella XII. — Iscrizioni e cancellazioni nelle province della Campania

    (complessive del triennio 1958-60).

    Province

    Iscritti

    Cancellati

    Dall’interno

    Dall’estero

    Totale

    Per l’interno

    Per l’estero

    Totale

    Napoli

    I43-389

    3.867

    147.256

    I4I-330

    9.646

    150.976

    Caserta

    42.542

    695

    43-237

    5I.903

    1-552

    53-455

    Benevento

    18.204

    467

    18.671

    28.188

    2.642

    30.830

    Avellino

    27.979

    738

    28.717

    43-593

    3-5H

    47.107

    Salerno

    65.586

    i.684

    67.270

    75-194

    3-172

    78.366

    Campania

    297.7oo

    7-451

    305-I5I

    340.208

    20.526

    360.734

    Tabella XIII. — Iscrizioni nelle province della Campania per regioni di provenienza (1958-60).

    Regioni di provenienza

    Napoli

    Caserta

    Benevento

    Avellino

    Salerno

    Campania

    Piemonte-Val dAosta

    1 -53°

    469

    218

    405

    557

    3-179

    Liguria

    1.279

    263

    69

    188

    280

    2.079

    Lombardia

    2.552

    531

    391

    487

    696

    4-657

    Trentino-Alto Adige

    275

    78

    39

    24

    99

    515

    Veneto

    1.266

    223

    85

    165

    329

    2.068

    Friuli-Venezia Giulia

    761

    182

    65

    64

    212

    1.284

    Emilia-Romagna

    1.209

    278

    113

    275

    763

    2.638

    Marche

    506

    il6

    63

    77

    167

    929

    Toscana

    1.687

    490

    421

    432

    640

    3.670

    Umbria

    425

    109

    28

    50

    138

    750

    Lazio

    6.362

    2.479

    485

    604

    1.462

    11.392

    Campania

    109.052

    34-“9

    I4-556

    22.191

    52.628

    232.536

    Abruzzo

    1.015

    255

    133

    307

    297

    2.007

    Molise

    1-037

    546

    359

    163

    612

    2.717

    Puglia

    5.260

    938

    677

    1-359

    1.201

    9-435

    Basilicata

    1.858

    262

    88

    543

    2-35o

    5.101

    Calabria

    2.998

    39o

    152

    266

    1.905

    5-7II

    Sicilia

    3-235

    552

    182

    259

    910

    5-I38

    Sardegna

    1.082

    272

    80

    120

    340

    1.894

    Italia

    I43-389

    42.542

    18.204

    27.979

    65.586

    297.700

    Vedi Anche:  Origini e vicende dell'industria campana

    Tabella XIV. — Cancellazioni dalle province della Campania per regioni di destinazione (1958-60).

    Regioni di destinazione

    Napoli

    Caserta

    Benevento

    Avellino

    Salerno

    Campania

    Piemonte-Val d’Aosta

    3-3o8

    1-935

    1-552

    2.112

    3.106

    12.013

    Liguria

    2.622

    493

    369

    708

    i.203

    5-395

    Lombardia

    5.878

    2.352

    1.596

    2.707

    3.198

    15-731

    Trentino-Alto Adige

    • • • •

    324

    122

    59

    107

    137

    749

    Veneto

    1.471

    512

    200

    327

    619

    3.129

    Friuli-Venezia Giulia

    906

    312

    107

    182

    324

    1.831

    Emilia-Romagna

    1.520

    787

    437

    i.309

    i.997

    6.050

    Marche

    59o

    217

    105

    206

    216

    1-334

    Toscana

    2.280

    974

    2.042

    2.679

    2.340

    10.315

    Umbria

    470

    135

    82

    119

    159

    965

    Lazio

    9.860

    5-8i7

    2.269

    3.106

    3.811

    24.863

    Campania

    100.334

    34.890

    16.932

    26.296

    52.536

    230.988

    Abruzzo

    789

    305

    144

    174

    222

    1-634

    Molise

    520

    555

    506

    268

    286

    2-135

    Puglia

    3-793

    960

    1-130

    i.910

    1.082

    8.875

    Basilicata

    970

    197

    93

    577

    i.416

    3-253

    Calabria

    1.918

    321

    148

    242

    1.273

    3.902

    Sicilia

    2.874

    712

    275

    394

    936

    5-I9I

    Sardegna

    903

    307

    142

    170

    333

    1-855

    Italia

    141-330

    51-903

    28.188

    43-593

    75-194

    340.208

    Tabella XV. — Ripartizione della popolazione complessiva per classi di età

    (censimento 1961).

    Anni

    Fino a 6

    7-20

    21-30

    31-40

    41-50

    51-60

    61-70

    Oltre 70

    Totale

    Napoli

    325.811

    705.508

    330.059

    337-493

    253.216

    215.412

    146.974

    106.770

    2.421.243

    Caserta

    85.846

    185.042

    91.784

    92.341

    65-4I5

    60.369

    40.224

    28.306

    649.327

    Benevento

    34-322

    80.095

    44-349

    46.371

    34-36I

    33-333

    22.542

    17.847

    313.220

    Avellino

    53-621

    126.773

    66.970

    67.494

    48.245

    46.369

    30.955

    24.497

    464.904

    Salerno

    116.720

    250.872

    131.361

    135.842

    92.853

    86.007

    55-682

    42.908

    912.265

    Campania

    616.320

    1.348.290

    664.503

    679.561

    494.090

    441.490

    296.377

    220.328

    4.760.959

    % rispetto alla popolaz. complessiva

    13.9

    28,3

    14,0

    14.3

    10,4

    9.3

    6,2

    4,6

    ioo

    Maschi

    Campania

    1 314-864

    1 687.636

    330.914

    329.880

    | 235.977

    213.357

    | 127.312

    89.177

    2.327.622

    Tabella XVI. — Popolazione attiva per ramo di attività economica oltre i io anni

    (censimento della popolazione del 1961).

    Popolazione attiva

    Popolazione non attiva

    Totale popolazione oltre i 10 anni

    Popolazione in condizione professionale

    Agricoltura

    Industria

    Altre attività

    In cerca di

    prima occupazione

    Totale popolazione attiva

    Napoli

    698.034

    118.125

    273.282

    306.627

    66.401

    764-435

    I-I33-345

    1.897.780

    Caserta

    242.468

    112.528

    79-556

    50.384

    11.688

    254.156

    257.526

    511.682

    Benevento

    141.494

    92.387

    26.390

    22.717

    3-449

    144-943

    ih.806

    256.749

    Avellino

    184.226

    98.240

    51-554

    34-432

    6.875

    191.ioi

    185.226

    376.327

    Salerno

    342.592

    156.204

    107.854

    78.534

    13.448

    356.040

    367.445

    723-485

    Campania

    1.608.814

    577-484

    538.636

    492.694

    101.861

    1.710.675

    2-055-348

    3.766.023

    Tabella XVII. — Abitazioni ed alloggi occupati.

    Province

    1951

    1961

    Alloggi vari

    Abitazioni

    Stanze

    Abitanti per stanza

    Abitazioni

    Stanze

    Abitanti per stanza

    I95I

    1961 i

    Napoli

    417.698

    954-657

    2,3

    552.594

    I.472.083

    1.6

    11.726

    7.202

    Caserta

    139.072

    342.282

    1,8

    162.032

    429.576

    i.5

    I.465

    590

    Benevento

    76.616

    227.229

    i.5

    82.900

    256.944

    1,2

    I-I37

    652

    Avellino

    H5-453

    322.603

    i,6

    124.417

    362.343

    1.3

    1.856

    725

    Salerno

    184.599

    5OI.6H

    1.7

    225.303

    664.513

    1,4

    5.OO4

    3-036

    Campania

    933-438

    2.348.382

    i.9

    1.147.246

    3-185.459

    i.5

    21.188

    12.205

    Tabella XVIII. — Popolazione senza alcun titolo di studio da 6 anni in su

    (censimento 1961).

    Alfabeti senza titolo di studio

    Analfabeti

    Totale

    Napoli

    Caserta

    Benevento

    Avellino

    Salerno

    439-548 I35.476 61.489 90.841 187.056

    20,8% 24.0% 22,1% 22,1% 23.5%

    268.910

    98.893

    51.406 72.219 133.206

    12,8% 17,6% 18,4% 17.6% 16,7%

    708.458 234-369 112.895 163.060 320.262

    33.6%

    41.6% 40,5% 39.7% 40,2%

    Campania

    914.410

    22,1%

    624.634

    15,1%

    1.539.044

    37,o%

    Tabella XIX. — Reddito netto per abitante (in lire correnti) prodotto dal settore privato e dalla pubblica amministrazione per le province della Campania.

    ‘053

    confronto

    con l’Italia

    1954

    1955

    1956

    1957

    1958

    ‘1959

    i960

    1961

    1962

    0 / /o

    confronto

    con l’Italia

    Aumento

    % nel decennio

    Napoli

    153-957

    84

    I59-4I9

    176.505

    192.390

    204.520

    211.695

    215-503

    237.510

    265.023

    291.777

    82

    89

    Caserta

    93-088

    51

    92.909

    97-175

    107.535

    122.471

    132.358

    131.917

    141.500

    169.596

    190.182

    53

    104

    Benevento

    103.565

    56

    104.748

    107.481

    118.032

    128.304

    134.990

    140.708

    138.090

    169.646

    180.973

    5i

    75

    Avellino

    85-752

    47

    81.441

    91.262

    99-335

    105.642

    117.461

    H4-595

    121-533

    158.399

    179.152

    50

    109

    Salerno

    115.728

    63

    126.201

    129.912

    138.971

    I54-879

    I55-I8I

    160.760

    172.620

    200.595

    225.089

    63

    94

    Campania

    126.760

    69

    131.149

    142.214

    I54-983

    167.695

    I74-563

    177.769

    193.056

    222.979

    247-053

    69

    95

    Italia

    183.296

    100

    191.149

    207.313

    219.779

    235-293

    250.981

    265.205

    286.304

    320.009

    356.483

    100

    94

    Tabella XX. — Reddito prodotto dal settore privato e dalla pubblica amministrazione nelle province della Campania nel 1962 (migliaia di lire).

    Agricoltura e foreste

    Pesca

    Fabbricati

    Industria commercio credito assicurazione trasporti

    Professioni libere e servizi

    Totale reddito privato lordo

    Totale reddito privato netto

    Pubblica amministrazione

    Totale reddito

    netto settore privato

    e pubblica amministrazione

    Napoli.

    Caserta

    Benevento

    Avellino

    Salerno

    76.2i7.ooo 55.95i.ooo 26.868.ooo 4i.OO9.ooo 82.645.ooo

    I-55I-300 37.900

    484.800

    71.107.700 5.936.600

    2.I68.200

    2.999.900 9.601.800

    463.084.300 45.332.ooo 19.527.700 27.896.600 92.058.900

    34.740.100 4.491.900 i.984.ioo 3.200.300 8.489.300

    646.700.400 111.749.4OO 50.548.000 75.105.800 193.279.800

    595-679-500 IO2.933.ooo 46.560.100 69.180.400 178.031.ioo

    121.132.500 22.305.900 9.961.800 I4.023.300 29.485.7OO

    7i6.8i2.ooo 125.238.900 56.521.900 83.203.700 207.516.800

    Campania

    282.690.000

    2.074.000

    91.814.200

    647.899.500

    52.905.700

    1.077.383.400

    992.384.ioo

    i96.909.200

    i.189.293.300

    Tabella XXI. — Reddito prodotto dal settore agricoltura, foreste e pesca

    in % rispetto al totale.

    1953

    1954

    1955

    1956

    1957

    1958

    1959

    i960

    1961

    1962

    Napoli

    9,6

    9.1

    10,2

    9.7

    10,3

    9.8

    9.3

    8,1

    9.2

    io,i

    Caserta

    47.2

    47.i

    43.7

    45.7

    46,6

    46,7

    42,0

    39.7

    41.2

    41,8

    Benevento

    53,4

    54.8

    53.4

    51.6

    49.7

    50,0

    47.8

    44.3

    46,4

    44.4

    Avellino

    54.0

    49.1

    49.1

    46,7

    44.7

    45.4

    44.6

    40.7

    44.6

    46,0

    Salerno

    42,1

    41,8

    39.5

    38,6

    40,0

    37.2

    34.4

    33.4

    35,4

    37.3

    Campania

    25,1

    24.5

    33.6

    23.0

    23.7

    23.1

    21,4

    19,6

    21,2

    22,3

    Italia

    26,1

    24.5

    23,6

    21,4

    20,5

    20,2

    19.2

    17.5

    17.4

    17.2

    Tabella XXII. — Reddito prodotto nel settore industria, commercio, credito, assicurazioni e trasporti in % rispetto al totale.

    1953

    1954

    ‘955

    1956

    • 957

    1958

    1959

    i960

    1961

    1962

    Napoli

    65,3

    65.4

    64,2

    61,9

    61,3

    61,5

    60,9

    59.6

    62,0

    60,3

    Caserta

    30,1

    30,1

    30,5

    29,8

    29,1

    30,3

    33.2

    35.o

    35.4

    33.8

    Benevento

    25.8

    25.6

    28,6

    28,5

    29.9

    28,7

    30,8

    32,3

    31.9

    32,3

    Avellino

    27,1

    30,8

    30,3

    32,5

    33.3

    32.7

    3i.5

    34.7

    33.6

    3i.3

    Salerno

    38.8

    40,6

    4i.4

    41,6

    40.4

    42,2

    42,6

    45.3

    44.1

    41.3

    Campania

    51,8

    52.7

    52,6

    5i.4

    50,8

    5i.1

    5i.3

    5i,7

    52,8

    50,8

    Italia

    57.o

    58,2

    58,5

    59.5

    59.7

    59.0

    60,0

    61,5

    61,8

    61,8

    Tabella XXIII. — Ripartizione della superficie territoriale delle singole province della Campania

    SECONDO LE FORME DI UTILIZZAZIONE DEL SUOLO (1961) (in ettari).

    Colture

    erbacee

    Coltivazioni legnose

    Incolti produttivi

    Superficie

    Altre utilizzazioni

    Superficie totale

    Totale

    Di cui cereali

    foraggere permanenti

    Boschi

    totale agraria e forestale

    Napoli

    55-014

    16.475

    32.678

    625

    I3-785

    2.189

    io4.318

    12-795

    ii7.ii3

    Caserta

    I53-798

    85.170

    25-350

    24.170

    45.982

    i.615

    250.915

    12.985

    263.900

    Benevento

    i45-36o

    92.655

    19-25I

    9.184

    21.710

    750

    196.255

    9.823

    206.078

    Avellino

    170.316

    112.300

    I4-550

    22.938

    57-965

    2.365

    268.134

    12.015

    280.146

    Salerno

    159.796

    77-534

    50.811

    90.850

    137-195

    30.171

    468.823

    23.429

    492.252

    Campania

    686.284

    384-I34

    142.640

    147-794

    276.637

    37.090

    1.288.445

    71.047

    1-359-495

    — I PRINCIPALI PRODOTTI DELL’AGRICOLTURA CAMPANA (in migliaia di quintali).

    Tabella XXIV.

    Prodotti

    Media del sessennio 1923-28

    Media del quadriennio 1957-60

    Frumento

    2-357

    3.376

    1.268

    i.846

    Tabacco

    69

    238

    Canapa

    203

    123

    Patate

    4.780

    6.335

    1

    2.272

    : 5.396

    Uva

    5.776

    1 4.740

    Olive.

    1.376

    ! 1.408

    j i.n8

    484

    j 1.582

    Pere

    229

    i 504

    535

    942

    189

    122

    1

    153

    : 360

    295

    1 335

    83

    | 209

    255

    i 1.038

    Tabella XXV. — Produzione (in migliaia di quintali) delle colture erbacee

    delle province della Campania (media del quadriennio 1957-60).

    Frumento tenero

    Frumento duro

    Napoli

    Caserta

    Benevento

    Avellino

    Salerno

    Campania

    228,4

    940,4 16,4

    362.3

    322.4

    441,0 309,7

    592,8 163,0

    2.564,9 811,5

    Totale frumento

    228,4

    956,5

    684,7

    750,7

    755,8

    3-376,4

    Segala

    19,0

    16,3

    2,7

    21,0

    7,o

    66,0

    Orzo

    19,8

    20,0

    6,8

    14,9

    7,0

    68,5

    Avena

    3,3

    100,0

    44,9

    57,9

    36,2

    242,3

    Granturco

    536,0

    485,2

    197,3

    315,3

    3U,9

    i-845,7

    Fave : granella

    57,o

    51,5

    48,9

    63,5

    5,i

    226,0

    Fave fresche

    107,7

    25,5

    7,6

    3,o

    32,8

    176,6

    Fagiuoli secchi

    105,3

    94,3

    57,5

    27,7

    34,i

    318,9

    Fagiuoli freschi

    104,8

    57,7

    1,8

    10,1

    114,9

    289,3

    Piselli secchi

    1,2

    o,5

    1,7

    Piselli freschi

    174,5

    26,1

    6,8

    6,4

    38,4

    252,2

    Patate

    3.302,0

    825,3

    326,1

    920,5

    952,8

    6-334,7

    Agli

    31,1

    2,3

    5,3

    20,5

    9,4

    68,6

    Cipolle

    70,1

    69,4

    10,9

    85,4

    132,1

    367,9 |

    Barbabietole da zucchero

    13,4

    595,6

    59,7

    164,3

    266,9

    1.099,9

    Carciofi

    56,2

    25,2

    1,2

    i,7

    120,5

    204,8

    Finocchi

    58,2

    12,5

    6,8

    7,7

    190,4

    275,6

    Cavoli

    130,1

    154,5

    61,2

    59,6

    253,0

    658,4

    Cavolfiori

    707,8

    274,5

    23,5

    4,o

    687,6

    1.697,4

    Pomodori

    912,8

    1-255,4

    81,8

    125,7

    3.020,6

    5-396,3

    Poponi e cocomeri

    107,1

    428,7

    29,8

    4,5

    134,4

    704,5

    Fragole (q.)

    2.966,6

    170,0

    26,6

    193,3

    3.356,5

    Tabacco

    8,6

    79,8

    62,5

    19,3

    67,6

    237,8

    Canapa tiglio

    28,0

    93,3

    121,3

    Canapa seme

    i,4

    4,3

    5,7 1

    Arachidi

    20,7

    3,3

    9,o

    33,o

    Tabella XXVI. — Produzione (in migliaia di quintali) delle colture arboree

    delle province della campania (media del quadriennio 1957-60).

    Uva da coltura specializzata . Uva da coltura promiscua

    Napoli

    Caserta

    Benevento

    Avellino

    Salerno

    Campania

    1.252,7 673.4

    258.3

    398.4

    404,2 475.8

    85.1 461,3

    440.5 290,5

    2.440,9 2.299,9

    Totale

    1.926,1

    657,1

    880,0

    546,4

    731,0

    4.740,8

    Olive da coltura specializzata

    65.3

    145.2

    124.5

    32,1

    487.8

    854.9

    Olive da coltura promiscua

    15.2

    63.8

    167.7

    101,9

    204,7

    553.3

    Totale

    80,5

    209,0

    292,2

    134,0

    692,5

    1.408,2

    Arance

    224,2

    90,6

    O.I

    354.8

    669,7

    Limoni

    91,0

    3.1

    0,4

    121,8

    216,3

    Mandarini

    43.2

    24.O

    85.1

    152,3

    Totale agrumi

    358,4

    117,6

    o,5

    561,7

    1-038,3

    Albicocche

    101,5

    6,6

    1,6

    12,7

    122,4

    Pesche

    386,4

    399.9

    15.0

    6.7

    134.6

    942,2

    Mele

    502,0

    556,9

    235.9

    109,6

    i77.i

    1.581,6

    Pere

    144.4

    108,7

    84,6

    36,0

    130,1

    503.8

    Nocciole

    47.2

    0.9

    0,1

    129,9

    30,7

    208,8

    Ciliege

    35.5

    94.5

    56,5

    129,5

    44.3

    360,3

    Noci

    178,4

    56,8

    25.4

    32,3

    52,0

    334.9

    Tabella XXVII. — Valore della produzione lorda vendibile della Campania per gruppi di prodotti e per zone economico-agrarie (in miliardi di lire)

    (media annua 1957-60).

    Gruppi dei prodotti

    Zona di maggiore { intensità agricola

    Zona di media intensità agricola

    Zona di minore intensità agricola

    Campania

    Cereali – Leguminose

    io,2

    9.8

    9.7

    29.7

    Patate e ortaggi

    • ; 41.1

    io,o

    5.0

    56,1

    Colture industriali

    io,2

    1.2

    0,6

    12,0

    Altre

    0,5

    0.5

    0,1

    I.I

    Colture erbacee

    62,0

    21,5

    15,4

    98,9

    Viticoltura

    6.4

    2.9

    19.5

    Olivicoltura

    1.5

    4.o

    7,0

    12,5

    Agrumi

    • I 5.2

    0,2

    5.4

    Frutta

    28,6

    9.5

    3.0

    41,1

    Altre

    °>7

    0,4

    0.3

    i.4

    Colture arboree

    1 46,2

    20,3

    13,4

    79.9

    Prodotti zootecnici

    25,0

    17,4

    9,4

    51,8

    Produzioni forestali

    0,9

    1,8

    4,6

    7,3

    .Reddito totale lordo i34.i

    61,0

    42,8

    237.9

    Tabella XXVIII. — Consistenza del bestiame delle province della Campania

    (censimento agricoltura 1961).

    Province

    Bovini

    Bufai ini

    Ovini

    Caprini

    Suini

    Equini

    Napoli

    51-857

    140

    i

    2.oo9

    2-597

    28.676

    14.090

    Caserta

    58.169

    8.738

    58.306

    io.716

    34-502

    24.419

    Benevento

    48.989

    29

    57.569

    6.969

    31.142

    I4-637

    Avellino

    45-951

    io

    64.625

    9-417

    36.613

    20.279

    Salerno

    87.310

    9.o99

    I37.9I5

    61.437

    58.357

    34-346

    Campania

    292.276 .

    18.016

    320.424

    91.136

    189.290

    107.771

    Tabella XXIX. — Pesca marittima e lagunare (in quintali) (media del triennio 1958-60).

    Pesci

    M

    0 11 u s c

    hi

    Province

    Sarde alici sgombri

    Tonni

    Altri

    Totale

    Calamari seppie polpi

    Altri

    Totale

    Crostacei

    Totale

    Napoli

    33-051

    195

    14.847

    48.093

    2.608

    2.425

    5-033

    I-5I9

    54-645

    Caserta

    186

    533

    718

    290

    130

    420

    53

    1.191

    Salerno

    20.203

    270

    11.560

    32.033

    i.674

    409

    2.083

    798

    34-914

    Campania

    53-440

    465

    26.580

    80.843

    4-571

    2.964

    7-536

    2.369

    90.750

    Tabella XXX. — Addetti ai vari rami dell’attività industriale nelle province della Campania

    nel 195 i e nel 1961.

    Napoli

    Caserta

    Benevento

    Avellino

    Salerno

    Campania

    1951

    1961

    i95i

    1961

    i9si

    1961

    i95i

    1961

    i95i

    1961

    i95i

    1961

    Industrie estrattive

    1.034

    991

    721

    1.088

    79

    275

    I.041

    973

    474

    421

    3-349

    3-748

    Industrie manifatturiere

    98.439

    134.256

    12.933

    16.895

    S-77*

    7-957

    12.108

    ìj-556

    41-939

    45-093

    174.190

    215-757

    Alimentari e afììni

    13-351

    17-133

    3.021

    3-OI5

    2.639

    1-743

    3-157

    2-779

    io-577

    18.128

    32.745

    42.798

    Tabacco

    2.205

    1.661

    82

    172

    556

    310

    166

    487

    6.550

    2.336

    9-559

    4.966

    Tessili

    7.625

    6.401

    1.156

    1.485

    164

    342

    108

    290

    7-350

    3-149

    16.403

    11.667

    Vestiario, abbigliamento, ar

    redamento

    15.816

    16.667

    3-506

    2.986

    2.230

    i-55o

    3.242

    1.966

    5-375

    4-893

    30.169

    28.062

    Legno

    9-237

    6.785

    2-354

    i-45i

    1.368

    1.191

    2.568

    1.689

    5-226

    4-251

    20.753

    15-367

    Industrie metallurgiche

    7.170

    h-035

    1

    7

    16

    7

    354

    7.184

    11.406

    Industrie meccaniche

    23.888

    36.585

    1-455

    2.139

    1.062

    1.200

    i-i57

    1.287

    3-193

    5.040

    30.755

    46.251

    Industrie chimiche e affini,

    gomma elastica

    5-647

    8.852

    160

    i.oio

    191

    201

    125

    218

    370

    455

    6-493

    10.736

    Trasformazione dei minerali

    non metalliferi

    6.940

    10.590

    759

    2.325

    469

    623

    1.029

    1.002

    2.291

    3-285

    11.488

    17.825

    Altre industrie

    6.560

    i8.547

    440

    2.312

    92

    796

    549

    1.822

    1.000

    3.202

    8.641

    26.679

    Costruzioni e impianti

    13.167

    25S53

    3.440

    3-437

    1.197

    1.740

    1-705

    3-039

    3-94o

    8.790

    23.449

    42.859

    Energia elettrica, gas,

    acqua

    4.612

    5-393

    5I5

    482

    251

    282

    290

    303

    811

    849

    6-479

    7-309

    Totale addetti alle industrie

    117.252

    166.493

    17.609

    21.902

    10.298

    10.254

    15-144

    15.871

    47.164

    55-153

    207.467

    269.673

    Tabella XXXI. — Ripartizione percentuale degli addetti per ditte.

    Fino

    a 2

    2-

    5

    5-

    io

    Oltre 10

    1951

    1961

    1951

    1961

    1951

    1961

    1951

    1961

    Napoli

    14,1

    10,4

    10,0

    io,2

    6.5

    6,6

    69.4

    72,0

    Caserta

    44.9

    24>9

    17,1

    13.8

    6.3

    9,3

    3T.7

    52,0

    Benevento

    51.2

    35.7

    18,0

    16,8

    7.8

    10,2

    33,i

    37,3

    Avellino

    52,0

    33.1

    16,2

    15.4

    7.8

    7.6

    24,0

    43.9

    Salerno

    33.5

    16,4

    16,0

    10,6

    7,i

    7.4

    43.4

    65,6

    Campania

    24.5

    15.3

    12,4

    11,2

    6,8

    7.1

    56,3

    66,4

    Tabella XXXII. — Addetti ad attività commerciali e a servizi vari.

    Napoli

    Caserta

    Benevento

    Avellino

    Salerno

    Campania

    Commercio

    Servizi vari

    Totale

    1951

    1961

    I95i

    1961

    1951

    1961

    74-367

    ioi.371

    56.745

    72.138

    131.112

    I73-509

    I3-958

    I7-9I5

    6.215

    6.756

    20.173

    24.671

    6.328

    7.844

    3-463

    4-OI3

    9.791

    11.857

    io.174

    12.023

    4.263

    5.042

    14-437

    17.065

    22.686

    31-123

    “•373

    12.964

    34-059

    44.087

    I27-5I3

    170.276

    82.059

    ioo.913

    209.572

    271.189

    Tabella XXXIII. — Addetti al commercio per classe di attività economica (1961).

    Napoli

    Caserta

    Benevento

    Avellino

    Salerno

    All’ingrosso Al minuto

    Ambulante

    Alberghi e pubblici esercizi

    Attività ausiliarie

    Totale

    8.620 58.726 i.103 11-759 489 5-362 1.118 7-470 2.616 19.862

    9-332 2.078 684 i.428 3.no

    18.414 2.842 1.222 1.844 4.891

    6.279 133 87 163 644

    101.371 17-915 7.844 12.023 31-123

    Campania

    13.946 103.179

    16.632

    29.213

    7.306 | 170.376

    Tabella XXXIV. — Prodotti ortofrutticoli sui mercati all’ingrosso (in quintali)

    (media del biennio 1961-62).

    Mercati

    Ortaggi

    Frutta secca e fresca

    Agrumi

    Totale

    Caserta

    32.836

    26.105

    8.245

    67.186

    Napoli

    580.829

    509-943

    249.748

    I.340.520

    Castellammare di Stabia

    72.695

    57-714

    13-147

    I43-556

    Giugliano

    32.216

    191.649

    223.865

    Pozzuoli

    54-248

    48.138

    13-444

    115.830

    SantAnastasia

    29-334

    128.153

    11.025

    168.512

    Salerno

    64.622

    48.951

    11.201

    124.774

    Nocera Inferiore

    1.041.717

    215.051

    35-425

    i.292.193

    Pagani

    872.033

    243.629

    254.814

    1.370.476

    Sarno

    245.746

    11.698

    4.910

    262.354

    Tabella XXXV. — Autoveicoli circolanti in Campania alla fine del 1962.

    Province

    Autovetture

    Autobus

    Autocarri

    Trattrici stradali e motrici con semirimorchio

    Motocicli oltre 125 cc

    Motocarri oltre 125 cc.

    Rimorchi

    Totale

    Napoli

    114.404

    i.462

    14.247

    43

    15.076

    13.017

    i.002

    159-251

    Caserta

    17.456

    120

    2.740

    8

    3-575

    2.615

    155

    26.669

    Benevento

    6.569

    75

    1-377

    1

    1.630

    i.709

    142

    II-503

    Avellino

    8.192

    140

    2.298

    4-747

    i.982

    166

    I7-525

    Salerno

    25-747

    163

    5-573

    2

    5.621

    5-917

    466

    43.489

    Campania

    i 172.368

    1.960

    , 26.235

    54

    30.649

    25.240

    I-93I

    258.437

    Tabella XXXVI. — Movimento marittimo e commerciale del porto di Napoli.

    Arrivi.

    Anni

    N. navi

    Stazza netta

    Merce sbarcata (in tonnellate)

    Totale

    Estero

    Italia

    Golfo

    Rifornimenti

    1938

    9-659

    i2.86l.454

    i.562.649

    406.971

    351

    1.970.151

    1958

    io.247

    17.707.640

    5-I25.95I

    i.136.oi5

    3.508

    6.265.474

    i960

    12.326

    19.610.714

    6.553.221

    1.175.078

    870

    7.729.169

    1961

    14.444

    2i.406.843

    8.268.192

    i.128.053

    i.014

    9-397-259

    1962

    15-473

    2i.406.48l

    7-087.733

    i.778.867

    i.901

    8.868.501

    1963

    16.088

    21.968.054

    8.248.263

    i.669.714

    i.180

    9.919.517

    PARTENZE.

    Anni

    N. navi

    Stazza netta

    Merce imbarcata (in tonnellate)

    Totale

    Estero

    Italia

    Golfo

    Rifornimenti

    1938

    9.648

    12.878.333

    297.262

    168.061

    3.680

    429.572

    898.575

    1958′

    10.230

    i7.692.28l

    I.894.607

    322.112

    18.557

    623.094

    2.858.370

    i960

    12.317

    19-574-195

    I.7I3.573

    532.671

    27.699

    843.764

    3.ii7.707

    1961

    14-453

    2i.48l.943

    2.297.731

    578.886

    36.325

    977.277

    3.890.219

    1962

    15.476

    21.446.106

    i.396.691

    528.574

    37.765

    1.272.731

    3-235-76I

    1963

    16.091

    22.0i I.899

    i.633.281

    595.377

    10.950

    i.220.740

    3.460.348

    Movimento complessivo.

    Anni

    N. navi

    Stazza netta

    Merce

    sbarcata e imbarcata (in tonnellate)

    Totale

    Estero

    Italia

    Golfo

    Rifornimenti

    1938

    19.307

    25-739-787

    i.859.911

    575.032

    4.211

    429.572

    2.868.726

    1958

    20.477

    35-399-921

    7.020.558

    1.458.127

    22.065

    623.094

    9.123.844

    i960

    24-643

    39.184.909

    8.266.794

    i.707.749

    28.569

    843.764

    io.846.876

    1961

    28.897

    42.888.786

    io.565.923

    i.706.939

    37-339

    977.277

    13.287.478

    1962

    30.949

    42.852.587

    8.484.424

    2.307.441

    39.666

    1.272.731

    12.104.262

    1963

    32.179

    43-979-953

    9.881.544

    2.265.091

    12.130

    1.220.740

    I3.379.865

    Tabella XXXVII. — Merci imbarcate nel porto di Napoli.

    Principali merci esportate

    1961

    1962

    Derivati degli oli minerali

    2.088.606

    1.156.105

    Metalli

    368.549

    325.041

    Legumi, ortaggi e frutta conservati

    199.931

    191.018

    Frutta fresca e secca

    49-536

    40.625

    Altri prodotti agricoli e alimentari

    39-441

    37-6i5

    Prodotti chimici e concimi

    14.010

    17-775

    Materiali da costruzione

    28.891

    44-157

    Altre merci

    123.978

    150.694

    Tabella XXXVIII. — Merci sbarcate nel porto di Napoli.

    Principali merci importate

    1961

    1962

    Oli minerali (greggi e derivati)

    5.094.631

    4-593-768

    Minerali metallici

    1.624.017

    1.584.764

    Carboni

    1.129.286

    1.231.786

    Grano e cereali

    491.312

    350.368

    Frutta secca e fresca

    57-628

    84.895

    Pesce fresco, secco, salato, ecc.

    17.920

    26.385

    Caffè

    19.615

    17-557

    Altri prodotti agricoli e alimentari

    145-003

    116.052

    Cotone, altre fibre tessili e loro cascami

    26.249

    29.099

    Legname e affini.

    104.215

    94.232

    Cellulosa e carta.

    75-925

    77.217

    Metalli

    248.637

    253.062

    Prodotti chimici e concimi

    87.506

    88.917

    Oli e grassi industriali

    46.501

    52.072

    Materiali da costruzione

    58.755

    89.181

    Altre merci

    169.045

    I77.245

    Tabella XXXIX. — Movimento dei passeggeri nel porto di Napoli.

    Passeggeri arrivati

    anno

    Totale

    Estero

    Italia

    Golfo

    1938

    138.325

    89.838

    505-996

    734-159

    1958

    ioi.633

    IO2.451

    801.520

    1.005.604

    i960

    118.661

    108.119

    787.202

    1.013.982

    1961

    124.924

    106.967

    875-823

    1.107.714

    1962

    137.970

    i13.676

    857-039

    1.108.685

    passeggeri partiti

    anno

    Totale

    Estero

    Italia

    Golfo

    1938

    ioo.892

    79.927

    501.655

    682.474

    1958

    131.126

    93.821

    744-557

    969.504

    i960

    I33-75I

    95-589

    708.339

    937.679

    1961

    125.862

    97.206

    807.727

    I-030.795

    1962

    130.667

    ioi.327

    786.970

    1.018.964

    Movimento passeggeri complessivo

    anno

    Totale

    Estero

    Italia

    Golfo

    1938

    239.217

    169.765

    1.007.651

    1.416.633

    1958

    232.759

    196.272

    1.546.077

    1.975.108

    i960

    252.412

    203.708

    I-49S-54I

    1.951.661

    1961

    250.786

    204.173

    1.683.550

    2.138.509

    1962

    268.637

    215.OO3

    1.644.009

    2.127.649

    Tabella XL. — Movimento commerciale nei porti minori della Campania.

    Merci sbarcate

    Merci imbarcate

    Totale

    1961

    1962

    1961

    1962

    1961

    1962

    Pozzuoli

    607.113

    319.123

    95.702

    80.962

    702.815

    400.085

    Bagnoli

    2.663.039

    2.728.382

    287.689

    289.780

    2.950.728

    3.018.162

    Portici

    31.097

    78.717

    3-233

    2.8×5

    34-330

    81.532

    Torre del Greco

    1.833

    4.874

    2.288

    1.600

    4.121

    6.474

    Torre Annunziata

    101.584

    41.502

    33-512

    24.825

    135.096

    66.327

    Castellammare

    150.919

    103.339

    29.025

    32.250

    179.944

    I35-589

    Salerno

    85.680

    108.548

    68.759

    68.480

    154-439

    177.02,8

    Tabella XLI. — Esercizi alberghieri in complesso.

    Province

    Esercizi

    Letti

    Cam

    ere

    i960

    1962

    i960

    1962

    i960

    1962

    Napoli

    693

    694

    26.827

    28.287

    15.182

    I6.0I3

    | Caserta

    43

    46

    546

    740

    283

    388

    Benevento

    48

    43

    521

    502

    285

    286

    | Avellino

    113

    108

    1-339

    1.370

    692

    723

    Salerno

    328

    362

    5-565

    7.049

    2.926

    3-739

    J Campania

    1.225

    1-253

    34-798

    37.948

    I9-368

    21.149

    Tabella XLII. — Movimento dei clienti negli esercizi alberghieri e nei campeggi

    (media biennio 1961-62).

    Alberghi

    e Pensioni

    Alberghi gioventù – Campeggi

    Totale

    Province

    Italiani

    Stranieri

    Italiani

    Stranieri

    Italiani

    Stranieri

    Arrivi

    Presenze

    Arrivi

    Presenze

    Arrivi

    Presenze

    Arrivi

    Presenze

    Arrivi

    Presenze

    Arrivi

    Presenze

    Napoli

    901.160

    2.126.313

    487-59I

    i.684.421

    7-451

    30.i0i

    44.084

    I59-8I5

    908.611

    2.156.414

    53I-675

    1.844.236

    Caserta

    24.234

    76.713

    5.189

    8.342

    24.234

    76.713

    5.189

    8.342

    Benevento

    18.663

    67.937

    1-594

    3.oo7

    18.663

    67.937

    1-594

    3.007

    Avellino

    27.423

    102.185

    1.979

    3.916

    27.423

    102.185

    1.979

    3.916

    Salerno

    142.243

    366.459

    45.466

    205.478

    4.562

    29.029

    12.469

    117.916

    146.805

    395-488

    57-935

    323.394

    Campania

    1.113.723

    2.739.607

    541.819

    r.905.164

    12.013

    59-130

    56.553

    277.731

    i.125.736

    2.798.737

    598.372

    2.182.895